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Di quale malattia è morto San Francesco d’Assisi?

Un viaggio avvincente fede, storia e medicina: scopri le ipotesi più plausibili sulla malattia che portò alla morte San Francesco d’Assisi.
Ci sono domande che sembrano semplici, quasi scolastiche, ma che nascondono dentro una complessità sorprendente. Una di queste è: di quale malattia è morto San Francesco d’Assisi? La risposta, se vogliamo essere onesti, non è né breve né definitiva. Ma proprio per questo è interessante. Perché non ci racconta solo qualcosa sulla morte di un uomo vissuto ottocento anni fa — ci parla anche di noi, del modo in cui guardiamo al passato, della medicina, della fede, del corpo e del dolore.
E anche di come, a volte, chi ha vissuto in modo radicale, finisce per morire nello stesso modo. Senza compromessi.
Per chi non lo sapesse, San Francesco è morto ad Assisi, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226. Aveva circa 44 anni. Era debole, cieco quasi del tutto, e pieno di dolori. Eppure, se uno legge le cronache dell’epoca — quelle scritte da chi lo conosceva davvero, come Tommaso da Celano o frate Leone — non trova mai una diagnosi chiara.
Non che all’epoca la medicina fosse precisa. Anzi. Si ragionava più in termini di umori, squilibri, peccati, penitenze. Eppure oggi, rivedendo quei testi con occhi clinici, si possono ipotizzare alcune risposte. Nessuna sicura al cento per cento, ma alcune molto plausibili.
Prima però, facciamo un passo indietro.
Francesco: l’uomo che decise di vivere al contrario
La storia la conoscono in tanti, ma vale la pena ricordarla perché senza quel contesto è difficile capire anche la sua fine. Francesco nasce ricco, figlio di un mercante che commercia stoffe. Viaggia, canta, si diverte, vuole diventare cavaliere. E invece no. A un certo punto cambia tutto. Comincia ad avere delle intuizioni, delle crisi. Rinuncia a tutto, perfino ai vestiti, e decide di vivere in povertà, accanto ai lebbrosi, ai poveri, agli esclusi.
Cose così, oggi, sembrano assurde. All’epoca pure.
Ma lui va avanti. Cammina, predica, fonda un ordine. Mangia poco, dorme meno. E si consuma. Letteralmente.
Il suo corpo comincia a cedere. Gli occhi gli fanno male. Spesso non vede quasi nulla. Soffre di forti dolori, non mangia, ha febbri continue. E in mezzo a tutto questo, riceve anche le stigmate. Ferite vere, dolorose, alle mani, ai piedi, al costato.
Non simboliche. Concrete.
Le cronache del tempo: sintomi senza diagnosi
Tommaso da Celano, il primo biografo ufficiale, descrive un Francesco stanco, tormentato, sempre più debole. Racconta delle piaghe, del sangue, del suo corpo che si rifiuta di guarire. Parla dei suoi occhi, che quasi non vedevano più nulla. Racconta che Francesco, per alleviare il dolore, si fece bruciare le tempie con un ferro rovente — una tecnica che oggi ci fa rabbrividire, ma che all’epoca era usata contro le infezioni oculari.
Ce lo immaginiamo lì, immobile, con una benda sugli occhi, incapace di camminare da solo, ma ancora lucido e deciso.
La medicina moderna, leggendo questi racconti, ha provato a dare un nome a quei sintomi. Non è facile, ovviamente. Ma qualche idea c’è.
Tracoma? Molto probabile. Forse anche tubercolosi. O entrambe.
Il primo sospetto, quello più condiviso dagli storici della medicina, è che Francesco soffrisse di tracoma. È un’infezione batterica agli occhi, trasmessa in ambienti poveri e con poca igiene. Fa lacrimare, poi infiamma le palpebre, le ciglia si piegano verso l’interno, graffiano la cornea. Alla fine si perde la vista.
Il tutto accompagnato da dolori costanti, secrezioni, febbriciattole.
Un’altra ipotesi seria è la tubercolosi. All’epoca era molto diffusa. Era la malattia dei poveri, dei deboli. Dava febbri persistenti, perdita di peso, emaciazione, tosse, debolezza muscolare. Francesco aveva tutti questi sintomi. Lo scrivono i suoi frati, lo riportano i biografi. Aveva smesso di camminare da solo, spesso non riusciva a stare seduto.
E poi c’è un altro elemento da considerare: il digiuno.
Vivere con un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua
Francesco non era solo malato. Era anche un asceta. Uno che volontariamente si privava del cibo, del riposo, della comodità. Digiunava per giorni, settimane. Mangiare troppo per lui era come tradire la povertà. Beveva acqua. Qualche volta un po’ di vino, ma solo se glielo offrivano.
Un corpo già fragile, così, cede. È inevitabile.
Ci sono fonti che raccontano come verso la fine avesse dolori anche allo stomaco, probabilmente legati a ulcere o infezioni intestinali. Nessuno allora sapeva cosa fosse la gastrite cronica o l’ulcera da stress. Ma i sintomi, se si leggono con attenzione, ci sono.
Le stigmate: simbolo mistico o ferite reali?
Uno dei grandi temi è quello delle stigmate. Francesco le riceve nel 1224, sul Monte della Verna. Non si tratta solo di un evento mistico. Quelle ferite sanguinavano davvero. Alcuni frati cercano di medicarle, altri le nascondono. Francesco stesso non vuole che se ne parli.
Ma quanto possono aver influito sulla sua morte? È difficile dirlo. Se le ferite si fossero infettate — e in un’epoca senza antibiotici succedeva spesso — avrebbero potuto provocare una setticemia. Però nei testi non si parla di febbre alta improvvisa, né di deliri, né di coma.
Quindi forse no. O forse sì, ma in modo indiretto.
Una morte che è un racconto, più che un fatto clinico
Francesco muore alla Porziuncola, su richiesta. Vuole tornare lì, dove tutto è cominciato. E chiede di morire nudo sulla terra nuda, come il giorno in cui è nato. I frati lo accontentano.
Canta. Benedice i suoi. Riceve il corpo di Cristo. E poi, piano piano, se ne va.
C’è chi racconta che in quel momento le allodole abbiano cominciato a cantare.
Ora, uno può credere o no ai miracoli. Ma il fatto che, dopo ottocento anni, stiamo ancora parlando di lui, qualcosa vorrà dire.
La Chiesa, la medicina e la memoria
La Chiesa non ha mai dato importanza al nome preciso della malattia. Perché quello che conta, nel caso dei santi, non è come muoiono. È come vivono. Francesco ha mostrato al mondo che si può vivere in un altro modo. Che si può essere felici senza possedere nulla.
E in un’epoca come la nostra, dove sembra che tutto si misuri in produttività, apparenza e consumo, forse il suo messaggio è ancora più radicale di allora.
Chi studia la storia della medicina, però, è giusto che si ponga domande. Che cerchi tracce, che provi a mettere insieme i pezzi. Non per ridurre la fede a una diagnosi, ma per restituire umanità a chi troppo spesso viene trasformato solo in icona.
In fondo, Francesco è morto come ha vissuto. Spoglio, fragile, ma felice.
Quindi, se ci chiediamo ancora oggi di quale malattia è morto San Francesco d’Assisi, la risposta migliore potrebbe essere: di tante cose. Di infezioni, probabilmente. Di fame, forse. Di stanchezza, quasi sicuramente. Ma soprattutto di coerenza.
Perché ha consumato il suo corpo per dare forma a un’idea. E a volte, sì, si può morire anche di questo.
🔎 Contenuto Verificato ✔️
Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: SanFrancescoPatronodItalia.it, Medicina nei Secoli – Arte e Scienza (UniRoma), Parrocchia GDM, Corriere.it.

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