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Rogo nel monastero di Acutis: cosa è andato perduto?

Il Monastero della Bernaga, a Perego di La Valletta Brianza nel Lecchese, è stato devastato da un incendio che ha distrutto tetto, sottotetto e molte delle celle delle Romite ambrosiane. Sono andati perduti arredi storici, quadri, paramenti sacri e oggetti di culto, insieme a una parte significativa delle strutture interne: solai collassati, corridoi carbonizzati, ambienti comunitari irriconoscibili. Il complesso seicentesco è oggi inagibile e necessita prima di tutto di messa in sicurezza: il rogo ha compromesso la stabilità di porzioni ampie dell’edificio, con danni stimati nell’ordine di milioni di euro. Le monache di clausura sono state tutte evacuate e non risultano ferite.
Qualcosa, tuttavia, si è salvato. Una tela e alcuni ricordi legati a Carlo Acutis sono stati recuperati dai soccorritori e messi in luogo protetto; alcuni arredi e paramenti sono stati strappati alle fiamme nella chiesa attigua. Le reliquie riferite al giovane santo risultano al sicuro. È un bilancio ancora parziale ma chiaro nelle sue linee: il cuore materiale del monastero – la copertura, le celle, gli spazi comuni e molti beni – è stato divorato, mentre alcune tracce identitarie sono state preservate per futura memoria e perizie.
Il bilancio materiale: struttura, ambienti e beni colpiti
L’incendio ha colpito l’apparato ligneo del tetto e si è propagato nel sottotetto e nelle celle che affacciano sul corridoio monastico, dove sono concentrate le parti più vulnerabili del complesso: travi, capriate, impalcati e arredi. Il crollo di ampie porzioni della copertura ha trascinato verso il basso solai e partizioni interne, lasciando murature perimetrali annerite e volte lesionate. Le scale interne risultano in parte crollate o pericolanti; gli infissi storici sono stati inceneriti; biblioteche, armadiature, credenze e consolle hanno ceduto al calore o sono state irrimediabilmente compromesse dall’acqua di spegnimento e dal fumo.
Nei locali comunitari, dove le Romite conservavano suppellettili per la liturgia e strumenti del lavoro quotidiano, sono scomparsi mobili di falegnameria antica, iconesu tavola, ricami e tessuti finemente lavorati, ceramiche e bronzi. I paramenti sacri – dal pianeta ai veli omerali, dai paliotti ai candelieri di sacrestia – sono tornati cenere e fuliggine o risultano gravemente danneggiati. Le opere su tela e su tavola presenti in alcuni anditi e cappelle minori hanno patito esposizione a temperature elevate, shock termici, depositi di particolato e acqua, condizioni che spesso deformano i telai, sfogliano i film pittorici e ossidano le dorature.
La chiesa del complesso mostra danni importanti: annerimenti diffusi, fessure, stacchi d’intonaco, infiltrazioni d’acqua. Alcuni arredi liturgici e paramenti sono stati messi in salvo durante le prime ore dell’emergenza; per altri si attendono valutazioni dopo l’abbassamento delle temperature e la rimozione dei detriti. È prematuro fornire un inventario puntuale di ciò che è perduto per sempre e di ciò che potrà essere restaurato, ma l’orientamento tecnico è netto: la perdita è ingente e riguarda un patrimonio vivo, stratificato nel tempo, fatto di uso, culto e memoria.
Le prime 24 ore: come si è sviluppato l’incendio e come hanno operato i soccorsi
Il rogo è divampato in serata, quando la comunità si preparava al silenzio della notte. Le prime chiamate di emergenza hanno segnalato fumo e lingue di fuoco in un’area delle celle al piano alto. Il materiale ligneo della copertura ha favorito una propagazione rapida, con focolai multipli che hanno coinvolto travi e orditure. In pochi minuti, nubi di fumo denso hanno invaso il chiostro, rendendo difficoltosi orientamento e accesso.
Sul posto sono intervenute nove squadre dei Vigili del fuoco dai comandi provinciali vicini, con autobotti, autoscale e droni dotati di termocamere per mappare le zone più calde e prevenire riaccensioni. Priorità assoluta: salvare le monache. Ventuno religiose presenti sono state evacuate con rapidità; sono state assistite nell’immediato nei locali comunali e trasferite in sicurezza per la notte. Contestualmente, i soccorritori hanno creato linee tagliafuoco interne e coperture protettive esterne per proteggere la chiesa e i volumi più esposti al collasso.
La dinamica tecnica appare compatibile con un corto circuito originato ai piani alti: un innesco elettrico in un ambiente chiuso, evoluto in incendio generalizzato del sottotetto. L’intensità delle fiamme, il crollo della copertura e la scarsa compartimentazione propria degli edifici storici hanno determinato un quadro di danno esteso. In queste situazioni, la sequenza operativa prevede: perimetrazione, attacco diretto e indiretto, ventilazione tattica, raffreddamento strutturale per contenere le dilatazioni termiche di pietre e laterizi, quindi bonifica con rimozione dei focolai residui. La presenza di spessori murari variabili e di intercapedini ha reso indispensabili ispezioni puntuali con motosega e camera termica.
All’alba, i capi intervento hanno interdetto l’accesso a varie porzioni interne per pericolo di crollo. La priorità si è spostata sulla messa in sicurezza primaria: puntellamenti delle murature portanti, arcate del chiostro e timpani di facciata, copertura provvisoria con teli ignifughi su porzioni ancora integre, chiusura selettiva di varchi. Nel frattempo, sono entrati in azione gli esperti di tutela dei beni culturali per il recupero d’urgenza dei manufatti superstiti: trasporto in ambiente a umidità e temperatura controllate, catalogazione fotografica di primo livello, imbustamento di tessili con materiali neutri per evitare contaminazioni.
Che cosa rende unico questo luogo: il legame con Carlo Acutis e l’identità della Bernaga
La Bernaga non è un complesso qualunque: è un monastero seicentesco arroccato tra i colli della Brianza, noto all’Italia intera per essere il luogo della Prima Comunione di Carlo Acutis. Qui, il 16 giugno 1998, il bambino che la Chiesa ha poi additato come “santo dei millennial” si accostò all’Eucaristia con dispensa. Questo dato biografico, col tempo, è diventato un punto di richiamo: famiglie, gruppi parrocchiali, pellegrini. Non un flusso turistico, ma un pellegrinaggio discreto, nel rispetto della clausura delle Romite ambrosiane, una comunità che ha sempre coniugato preghiera, lavoro e accoglienza misurata.
Proprio per questo, la domanda principale non è solo quante opere siano bruciate, ma quanto tessuto di vita monastica sia andato distrutto. Celle, refettorio, laboratori di ricamo e icone, parlatorio, archivi interni, guardaroba di paramenti, strumenti musicali per la liturgia: è l’insieme di questi elementi, minuto e concreto, a costituire l’identità materiale della Bernaga. L’evacuazione rapida ha impedito alle monache di mettere in salvo altro oltre le persone; l’azione successiva dei soccorritori ha consentito di recuperare alcuni oggetti di valore simbolico e una tela. Secondo gli aggiornamenti disponibili, le reliquie collegate ad Acutis sono state messe in sicurezza. Per il resto, ci sarà un censimento per stanza a edifici raffreddati e puntellati, con l’ausilio di schede di pronto intervento per libri, tele, sculture e tessili.
Le cronache storiche e le descrizioni d’archivio ricordano come nel complesso fossero presenti opere di arte sacra contemporanea accanto a manufatti più antichi: croci processionali, paliotti e candelieri, formelle di Via Crucis in bronzo, ritratti e icone. In ogni disastro di questo tipo, la sorte dei singoli pezzi si accerta solo con sopralluoghi a freddo e perizie conservative. È certo, invece, che sia l’insieme ambientale a risultare irrimediabilmente segnato: intonaci storici impregnati di fumo, pavimenti in cotto colpiti da shock igrometrici, capriate perdute. Anche la parte estetica dello spazio, fatta di luce, profumi e silenzio protetto, subisce un’interruzione di cui l’architettura fisica da sola non porta piena memoria.
Cosa sappiamo delle cause e cosa succede ora: indagini, sequestro e tutela
Sul perché dell’incendio, le prime valutazioni tecniche convergono sull’ipotesi di corto circuito nella zona delle celle. Saranno le indagini a stabilire punto di innesco, modalità di propagazione e eventuali concause (sovraccarichi, quadri elettrici datati, dispositivi locali). La procedura in casi simili prevede il sequestro probatorio degli ambienti interessati, l’acquisizione di rilievi fotografici e video, interviste ai presenti e, se necessario, consulenze elettrotecniche con tracciamento dei cavi. Gli accertamenti interesseranno anche la documentazione di manutenzione dell’impianto elettrico, le verifiche periodiche effettuate, la conformità degli apparecchi.
Parallelamente, la Soprintendenza competente opera in raccordo con Vigili del fuoco e Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale per impostare le fasi di messa in sicurezza: puntellamenti, coperture temporanee, rimozione selettiva dei materiali pericolanti, asciugatura controllata nelle zone sature d’acqua. Gli oggetti recuperati vengono schedati, con identificazione provvisoria, fotografati, stabilizzati (ad esempio con gel di silice per i tessili) e trasferiti in depositi idonei. Per le tele danneggiate, si procede a tensionamenti temporanei, contenimento delle lacune e barriere protettive; per legni policromi e dorature, si valuta il consolidamento dei film pittorici con adesivi reversibili.
I tempi sono scanditi dalla fisica dei materiali: settimane per il raffreddamento completo delle murature e la bonifica delle braci; mesi per rilievi statici, progetti di consolidamento e installazione di tetti provvisori; anni per restauri e ripristino funzionale. La priorità immediata resta bloccare il degrado: proteggere le superfici dal dilavamento, sigillare quanto più possibile l’involucro, evitare che piogge e escursioni termiche aggravino i danni del fuoco. Ogni giorno perso nella fase iniziale può significare danni aggiuntivi ai materiali, in particolare tessili, pelli, cartacei, tele.
Gli effetti sul territorio e la risposta della comunità: accoglienza, solidarietà, ripartenza
La comunità locale ha reagito con immediatezza. Il Comune ha messo a disposizione spazi e supporto logistico per le monache evacuate; parrocchie e associazioni hanno attivato reti di volontari per fornire vestiario, cibo, assistenza. La Protezione civile ha affiancato i Vigili del fuoco nelle operazioni di bonifica e coordinamento del perimetro. Il mondo ecclesiale si è mobilitato sul fronte della raccolta fondi e della tutela: si sta lavorando a un conto dedicato e a campagne trasparenti per sostenere messa in sicurezza e, in prospettiva, restauro.
Sul piano culturale, la perdita pesa anche per il richiamo nazionale legato a Carlo Acutis. Negli ultimi anni, la Bernaga era diventata meta di pellegrinaggio per famiglie e giovani. L’interruzione forzata delle visite devozionali e delle accoglienze ridefinisce itinerari e flussi nel territorio: sarà necessario ridisegnare i percorsi del turismo religioso locale, valorizzando altri presidi in attesa di una rinascita della Bernaga. L’attenzione mediatica, intensa nelle prime ore, dovrà lasciare spazio a comunicazioni puntuali su stato dei lavori, fondi raccolti e scelte progettuali, per garantire fiducia e tracciabilità.
Non meno importante è l’impatto sulla vita delle monache: una comunità di clausura costretta a ricollocarsi temporaneamente, a ridisegnare la quotidianità tra preghiera e cura delle necessità pratiche. L’esperienza insegna che la resilienza dei cenobi colpiti da calamità si gioca nella buona organizzazione delle prime settimane: spazi idonei per la vita comunitaria, assistenza sanitaria dove richiesto, supporto psicologico se necessario, pianificazione per il rientro o per una permanenza prolungata altrove. Qui la collaborazione tra istituzioni e Chiesa locale è decisiva.
Cosa si può salvare e come: la strada del restauro possibile
Una volta completata la messa in sicurezza e stilato un primo inventario, entrerà nel vivo la fase conservativa. La domanda chiave è cosa sia realmente recuperabile. Le tele che hanno subito fumo e acqua possono talvolta essere ripulite, spianate e consolidate; i legni (cornici, arredi, statue) vanno decontaminati dalla fuliggine, trattati contro lo sviluppo di muffe e stabilizzati. I metalli (campanili minori, candelieri, ferramenta storica) soffrono ossidazione e richiedono interventi mirati; i tessili (dal damasco ai velluti) sono tra i più fragili: il fumo penetra in profondità, l’acqua deforma e macchia, le alte temperature degradano fibre e coloranti.
Sul fronte edilizio, la sequenza prevede consolidamenti delle murature, ricostruzione della copertura con soluzioni reversibili (ad esempio, capriate lamellari o strutture metalliche che non tradiscano l’immagine storica) e impiantistica completamente rinnovata, con sezionamenti, rilevamento fumi avanzato, vie di esodo e compartimentazioni non invasive. Per la chiesa, serviranno diagnosi strutturali su volte e cappelle laterali, test non distruttivi (termografia, endoscopia muraria), campionature di intonaci per tarare i restauri. Ogni scelta dovrà tenere insieme rigore filologico e sicurezza.
La ricostruzione di un complesso monastico colpito da un rogo non è mai solo muratura. È un progetto integrato: spazi di clausura, aree di accoglienza, luoghi di lavoro monastico (ricamo, pane, icone), spazi liturgici. Il criterio che orienta gli interventi è ridare funzionalità senza perdere leggibilità storica. Per i beni mobili superstiti, l’obiettivo è metterli in dialogo con nuovi allestimenti che raccontino la ferita e la resilienza del luogo, con didattica e trasparenza su restauri e donazioni.
Uno sguardo operativo: responsabilità, tempi e risorse per rinascere
Dal punto di vista amministrativo, la Bernaga rientra nel perimetro dei beni culturali vincolati e la sua ricostruzione passa da progetti esecutivi approvati dagli organi di tutela. Dopo la messa in sicurezza, l’ente proprietario dovrà presentare un progetto di restauro articolato per lotti: involucro (coperture, solai, murature), interni (intonaci, pavimenti, impianti), beni mobili (opere, arredi, tessili). Ogni lotto necessita di coperture finanziarie chiare: fondi ecclesiastici e diocesani, assicurazioni dove disponibili, contributi pubblici (bandi regionali, fondi emergenziali, eventuali PNRR residuali) e raccolte private. La tracciabilità delle donazioni e la rendicontazione periodica sono elementi chiave per alimentare fiducia e partecipazione.
I tempi tecnici, in contesti simili, non sono brevi. Una piena ricostruzione può richiedere diversi anni, specie quando si scelga – come auspicabile – una soluzione strutturale che migliori la sicurezza rispetto allo stato preesistente, integrando impianti antincendio adeguati alla clausura e ai vincoli storici. L’obiettivo non è tornare com’era dov’era in modo acritico, ma restituire il monastero nella sua verità storica e nella sua funzione di luogo vivo, con tutti i presidi di prevenzione oggi disponibili.
Sul piano comunicativo, servirà una regia unica: un bollettino periodico sullo stato dell’arte, fotografie e report tecnici accessibili, obiettivi chiari per ogni fase (chiusura del tetto provvisorio, consolidamento del chiostro, rientro della comunità, recupero della chiesa, riapertura dei percorsi di preghiera). La narrazione della ripartenza deve essere sobria e trasparente, fondata su dati verificabili e scadenze realistiche.
Il punto sui beni di maggior rilievo e sul valore documentale delle rovine
Tra le perdite più dolorose si annoverano quadri e oggetti devozionali sedimentati nei decenni, arredi lignei che raccontavano una manualità colta, paramenti in seta e velluto con ricami a filo d’oro, suppellettili della liturgia quotidiana. La chiesa e gli ambienti ad essa connessi conservavano un corpus di arte sacra significativo per il territorio, con opere contemporanee affiancate a manufatti più antichi. Saranno le verifiche dei prossimi giorni a stabilire quali pezzi siano rimasti recuperabili, ma le prime ricognizioni parlano di un patrimonio mutilato.
C’è però un valore documentale che, paradossalmente, nasce dalle rovine: tracce costruttive emerse dove l’intonaco è saltato, apparecchi murari leggibili, capriate e incastri che raccontano le fasi storiche del complesso. Questi elementi, se documentati con rilievi 3D e fotogrammetria, possono guidare la ricostruzione, informare il progetto e arricchire la conoscenza complessiva della Bernaga. Anche la memoria immateriale – canti, ritmi, gesti – può essere raccolta ora, in forma di interviste e diari comunitari, per diventare parte integrante del racconto di rinascita. È un lavoro che richiede rigore metodologico e sensibilità.
La documentazione fotografica prodotta durante le operazioni di spegnimento e nelle ore successive è una risorsa preziosa: permette di mappare le aree di danno, ricostruire la sequenza degli eventi, individuare eventuali punti critici nella catena impiantistica o nelle procedure. Conservare e mettere in rete questi materiali, con metadati accurati, aiuta ricercatori e tecnici e contribuisce a prevenire eventi simili in altri contesti monastici.
La strada che attende la Bernaga
La domanda iniziale ha avuto una risposta netta: si è perso moltissimo – la pelle del monastero e un patrimonio d’uso che dava forma alla vita quotidiana delle Romite – ma non tutto è scomparso. Una tela e ricordi di Acutis sono stati recuperati, alcuni arredi e paramenti sono stati salvati, le reliquie risultano al sicuro. Soprattutto, la comunità monastica è incolume e già attorno a essa si sta ricostruendo una rete civile ed ecclesiale. Da qui si riparte: messa in sicurezza, censimento dei beni, progetto di restauro, raccolta trasparente di risorse, tempi chiari.
Il Monastero della Bernaga ha una forza simbolica che va oltre i confini della Brianza, anche grazie al legame con Carlo Acutis. La sua rinascita – volontà, numeri e cantieri – sarà una prova di maturità per il territorio e per chi crede che la cura del patrimonio sia parte della cura delle persone. Ricostruire non significa cancellare la ferita, ma trasformarla in memoria attiva: tetti nuovi, impianti sicuri, opere restaurate, un cammino di pellegrinaggio più consapevole. È un lavoro lungo, ma già oggi, tra le macerie raffreddate, si intravede l’ossatura su cui rimettere in piedi la Bernaga. La domanda su cosa sia andato perduto resta centrale; la risposta – fatta di liste, perizie, cantiere – si costruisce ogni giorno, con rigore e tenacia, finché le campane di quei colli non torneranno a suonare sopra coperture nuove, custodendo la memoria di ciò che è stato e l’impegno di ciò che sarà.
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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: Corriere della Sera, ANSA, Il Giorno, Avvenire, La Repubblica, TGCOM24.

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