Quando...?
Quando ricominciano ad allungarsi le giornate: la data esatta

Dopo il solstizio d’inverno la luce cresce ogni giorno: scopri come alba e tramonto cambiano in Italia da dicembre a marzo.
In Italia la luce ricomincia a guadagnare minuti subito dopo il solstizio d’inverno, tra il 21 e il 22 dicembre. Dal giorno successivo l’arco di sole cresce prima di pochi secondi, poi di decine di secondi, quindi di minuti, con un’accelerazione sensibile a partire dai primi di gennaio. Il segnale più intuitivo arriva nel tardo pomeriggio: il tramonto smette di arretrare e comincia ad avanzare già nei giorni immediatamente successivi al solstizio, mentre l’alba tarda ancora per qualche giorno per ragioni legate alla geometria Terra–Sole. È il motivo per cui, nella vita quotidiana, la percezione di “giorni più lunghi” emerge tra fine dicembre e inizio gennaio, e diventa evidente nel corso di gennaio e poi di febbraio.
Il quadro è chiaro nel “dove” e nel “perché”. In tutto il Paese la tendenza è la stessa, con differenze di dettaglio dovute alla latitudine e all’orografia locale. Al Nord il giorno al solstizio scende attorno alle 8 ore e tre quarti, al Centro supera le 9 ore, al Sud sfiora o supera le 9 ore e mezza; da lì riparte una crescita regolare. Il motivo è scritto nell’inclinazione dell’asse terrestre e nel moto di rivoluzione: mentre la declinazione solare risale di giorno in giorno, l’arco diurno si allunga. In sintesi: le giornate cominciano ad allungarsi subito dopo il solstizio di dicembre, e lo si nota prima nei pomeriggi, poi anche nelle mattine dalla prima settimana di gennaio.
Il calendario reale della luce in Italia
Per tradurre questa dinamica in tempi concreti basta osservare la progressione tra fine dicembre e marzo. Nella settimana successiva al solstizio, il guadagno è misurabile ma discreto: qualche secondo al giorno, che nell’arco di una settimana diventano un minuto o poco più di luce complessiva. È una crescita ancora timida, ma sufficiente a cambiare il passo del tramonto, che cessa di anticipare e comincia a spostarsi in avanti, mentre l’alba continua a ritardare fino ai primi di gennaio per effetto dell’equazione del tempo. È il periodo in cui, uscendo dall’ufficio alle 17, si intuisce che il buio arriva con qualche minuto di ritardo rispetto a metà dicembre.
Con Capodanno alle spalle la tendenza accelera. Tra la prima e la terza settimana di gennaio il guadagno giornaliero passa in media a decine di secondi; in due settimane si sommano diversi minuti di luce, il che significa pomeriggi più vivibili e prime mattine meno ostinatamente buie. A Milano si supera rapidamente la soglia delle 9 ore di luce; a Roma si viaggia verso le 9 ore e mezza entro fine mese; a Palermo si sfiora un’ora piena in più rispetto alla base minima invernale quando si arriva a febbraio. Febbraio è la fase in cui l’allungamento diventa palpabile senza guardare l’orologio: tra inizio e fine mese, alle nostre latitudini, il giorno può guadagnare anche un’ora complessiva, con un ritmo che si avvicina a un minuto al giorno, spesso di più nelle settimane centrali. È il momento in cui il crepuscolo serale si allunga a vista d’occhio e l’uscita da scuola o dall’ufficio ritrova una scorta di luce utile.
Il percorso culmina verso l’equinozio di primavera, attorno al 20 marzo, quando giorno e notte tendono a equivalersi e l’ora legale (che interviene generalmente a fine marzo) non crea nuova luce ma sposta in avanti di un’ora l’intero profilo dell’alba e del tramonto sul nostro orologio. Per la vita pratica significa guadagnare sera luminosa, senza alterare la durata astronomica della giornata. Questo spostamento amplifica la percezione che le giornate si stiano allungando, ma la sostanza è già tutta nella progressione iniziata subito dopo il solstizio.
Perché accade: la meccanica celeste spiegata semplice
La dinamica ha una radice fisica essenziale: l’asse terrestre è inclinato di circa 23,4 gradi rispetto al piano dell’orbita. In inverno, nell’emisfero nord, l’emisfero stesso è inclinato lontano dal Sole: ecco perché il Sole culmina basso sull’orizzonte, i suoi raggi arrivano più radenti e l’arco del suo passaggio diurno è più corto. Il solstizio d’inverno è il punto estremo di questa configurazione: il Sole, visto da noi, descrive l’arco più breve dell’anno. Il giorno successivo comincia la risalita: la declinazione del Sole cresce un poco ogni 24 ore, il suo alto meridiano aumenta e il percorso giornaliero si allunga, restituendoci luce.
Questo processo non è lineare perché entrano in gioco due aspetti. Da un lato la proiezione dell’orbita sul cielo, con il Sole che scivola lungo l’eclittica a velocità angolare apparente non costante nel confronto con il nostro orologio; dall’altro l’equazione del tempo, che misura la differenza tra il tempo solare vero (quello scandito dall’effettivo passaggio del Sole) e il tempo solare medio (quello dei nostri orologi). Inoltre, a inizio gennaio la Terra si trova al perielio, cioè nel punto più vicino al Sole, e percorre l’orbita leggermente più veloce: un dettaglio che altera di pochi minuti i riferimenti quotidiani dell’alba e del tramonto. Insieme, questi fattori spiegano perché il tramonto più precoce non coincida con il solstizio e perché l’alba più tardiva arrivi alcuni giorni dopo.
Nel linguaggio della vita di tutti i giorni è sufficiente tenere a mente tre idee. Primo, dal giorno successivo al solstizio l’arco di sole inizia ad allungarsi. Secondo, il pomeriggio anticipa la percezione del cambiamento, perché il tramonto smette di erodere minuti già a metà dicembre e poi risale con costanza; le mattine si schiariscono dalla prima settimana di gennaio. Terzo, la latitudine fa la differenza: più si è a Nord, più corto è il giorno al minimo invernale, ma più rapida appare poi la rincorsa, mentre al Sud la base è più alta e la progressione risulta comunque regolare e molto percepibile.
Alba e tramonto non si muovono all’unisono
Chi osserva con attenzione il cielo di dicembre nota una piccola anomalia apparente: il tramonto più anticipato cade a inizio dicembre, mentre l’alba più tardiva si verifica all’inizio di gennaio. Nel mezzo c’è il solstizio, quando la durata complessiva del giorno tocca il minimo annuale, ma i due estremi non coincidono con quella data. Questo fenomeno, che in Italia si traduce in differenze di pochi minuti distribuiti su alcune settimane, è l’effetto combinato della orbita ellittica della Terra e dell’inclinazione dell’asse.
Il perielio, che si presenta nei primi giorni di gennaio, fa sì che il mezzogiorno solare vero scivoli un po’ in avanti di giorno in giorno rispetto al mezzogiorno medio. Il risultato pratico è che l’alba continua a spostarsi più tardi per qualche giorno dopo il solstizio anche se il tramonto ha già invertito la rotazione e sta recuperando minuti. Questo scollamento spiega perché il detto popolare di Santa Lucia, “il giorno più corto che ci sia”, associato al 13 dicembre, si sia sedimentato nella memoria collettiva: in quel periodo il tramonto tocca effettivamente uno dei suoi minimi annuali, e l’effetto psicologico prevale sul dato astronomico puro.
Comprendere questa asimmetria aiuta a leggere meglio il periodo tra Natale e Epifania. In città come Torino, Milano o Bologna, a cavallo dell’anno nuovo, chi rientra nel tardo pomeriggio vede la sera arretrare; chi si alza presto, fino al 6–8 gennaio, continua a incontrare un’alba ritardata. Poi anche le mattine si sbloccano e nel giro di poche settimane l’evidenza diventa trasversale: le ore di luce tornano a dominare il ritmo quotidiano, prima con prudenza, poi con decisione.
Nord, Centro, Sud: differenze concrete che si sentono
L’Italia è un laboratorio naturale perfetto per osservare come la latitudine declini sul territorio un principio universale. A Nord, dove le città si collocano intorno ai 45–46 gradi nord, la giornata del solstizio scende a circa 8 ore e tre quarti. Significa un margine di luce molto compresso, con albe basse e pomeriggi brevissimi. Il vantaggio è che la ripartenza di gennaio si avverte con una spinta più marcata: quei pochi secondi di guadagno quotidiano diventano in fretta minuti, e nel giro di un mese il pomeriggio recupera quasi un’ora.
Nel Centro Italia il solstizio offre di base una ventina di minuti in più rispetto al Nord: una differenza che si sente nella vita di quartiere, nelle scuole, nei trasporti. A Roma il passaggio da fine dicembre a fine gennaio porta con sé un aumento di luce che cambia l’orario di chiusura dei negozi, la finestra per l’attività fisica all’aperto, la percezione di sicurezza sul rientro serale. Al Sud e nelle isole il margine iniziale è più generoso: tra Cagliari, Palermo, Bari si viaggia al solstizio su 9 ore e mezza o più, e ciò non toglie che la progressione tra gennaio e febbraio sia altrettanto netta, con tramonti che si spingono avanti di intere decine di minuti nell’arco di poche settimane.
C’è poi la variabile dell’orografia, che non cambia i conti astronomici ma modifica l’esperienza. In valle o in quartieri addossati a un versante, il sole reale può sparire dietro la montagna prima del tramonto ufficiale, accorciando di fatto le ore di luce diretta. Al contrario, sulle coste e in pianura l’orizzonte ampio restituisce ogni minuto disponibile. Due famiglie che vivono alla stessa latitudine, una in fondovalle alpino e l’altra su un litorale siciliano, misurano lo stesso allungamento in termini astronomici ma lo sentono in modo diverso: la prima perché il crepuscolo torna a irraggiare la valle, la seconda perché il Sole galleggia più a lungo sull’acqua serale.
Le settimane chiave: da fine dicembre a marzo
La settimana dopo il solstizio è il battito più lento del metronomo stagionale: si guadagna poco, ma si inverte la tendenza. La percezione si accende sul tardo pomeriggio, quando quell’alone che in dicembre spariva in fretta resta sospeso un po’ più a lungo. Tra Capodanno ed Epifania l’alba smette di rinculare e inizia a recuperare, mentre il tramonto prosegue la sua salita. È il primo tratto in cui chi segue gli orari d’ufficio si accorge che le 17 non sono più una barriera nera, che le luci domestiche si accendono qualche minuto dopo rispetto a dicembre, che i bambini all’uscita da scuola non incrociano più il blu profondo ma una sera aranciata.
La seconda metà di gennaio e l’inizio di febbraio rappresentano il cuore dell’accelerazione. L’incremento giornaliero può arrivare attorno al minuto e oltre alle nostre latitudini, con effetti pratici: un’ora di luce utile in più significa allungare i cantieri, garantire finestre migliori per la manutenzione stradale, spostare attività sportive e ricreative all’aperto. Il 2 febbraio, la Candelora, cade spesso quando i pomeriggi hanno già guadagnato molti minuti e il crepuscolo civile allunga la vivibilità delle città. A metà febbraio il tramonto si colloca ben oltre l’ora di uscita dai luoghi di lavoro o di studio; la sensazione collettiva è che la stagione giri finalmente verso la luce.
Man mano che si avanza verso l’equinozio di marzo, la curva entra nella sua fase più sostenuta. Il giorno supera o tocca la soglia delle 12 ore tra Nord e Centro-Sud, e la distribuzione della luce sul ritmo sociale cambia: la passeggiata serale torna abitudine, i parchi si ripopolano, il traffico si spalma su fasce più elastiche perché l’oscurità non comprime più tutto in un’ora e mezza. Pochi giorni dopo l’equinozio entra in vigore l’ora legale: vale la pena ribadirlo, non è l’ora legale a far allungare le giornate, ma sposta i riferimenti in avanti, consegnando sera luminosa a scapito di un’alba più tardiva sull’orologio. L’effetto psicologico è potente e somma il suo impatto a un allungamento che è già strutturale da settimane.
Effetti tangibili sulla vita e sulle abitudini
Il ritorno della luce non è poesia da calendario: cambia le giornate delle persone, la sicurezza percepita, il modo di usare la città. Le scuole che escono nel tardo pomeriggio si affacciano su marciapiedi più illuminati; le famiglie modulano gli orari degli spostamenti perché il crepuscolo protegge strade e piazze meglio della notte piena. Nel commercio di vicinato i minuti in più fanno la differenza tra un rientro affrettato e un ultimo passaggio davanti alle vetrine. I mercati rionali lavorano con una luce che restituisce colori e dettagli; i bar e le gelaterie allungano i tavolini sul marciapiede non per calendario ma perché la luce consente sosta e socialità.
Nella sfera personale, la luce mattutina aiuta l’orologio circadiano a riallinearsi dopo i picchi bui di dicembre. Dalla prima settimana di gennaio in avanti, svegliarsi non coincide più con il notturno profondo; il viaggio verso lavoro o università si carica di qualche raggio in più, sufficiente a cambiare umore e percezione del tempo. Chi fa sport all’aperto ritrova margine per correre o andare in bici senza frontali e lampade; chi porta a spasso il cane non ha più la sensazione di entrare ed uscire nel buio. Sono segnali minimi che sommano in un’esperienza tangibile: giorni più lunghi significano abitare meglio gli spazi urbani e naturali, differire di mezz’ora o un’ora l’accensione massiva delle luci domestiche, spostare alcune attività dal chiuso all’aperto.
Sul piano energetico, l’illuminazione artificiale pesa meno nelle fasce serali man mano che il tramonto arretra; nel pubblico, i lavori esterni trovano finestre operative migliori e meno costose. Trasporti, manutenzioni, cantieri, agricoltura, piccole imprese artigiane giocano una partita di efficienza con ogni minuto recuperato. È un beneficio marginale sul singolo, ma sistemico sulla collettività. E sul piano culturale, la stagione del ritorno della luce si intreccia con ricorrenze che fotografano lo stesso fenomeno: l’Epifania come fine del tratto più buio, la Candelora come giro di boa dei pomeriggi, i primi weekend di marzo come prova generale della primavera.
La stagione del ritorno della luce
Il messaggio per i lettori italiani è semplice, concreto e verificabile nella pratica: le giornate ricominciano ad allungarsi subito dopo il solstizio d’inverno, con un segnale che si nota immediatamente nei pomeriggi e che coinvolge anche le mattine dalla prima settimana di gennaio. Da quel momento la progressione è costante, più rapida tra fine gennaio e febbraio, fino a raggiungere l’equilibrio di marzo. Cambiano le latitudini, cambia l’orografia, ma il disegno resta omogeneo: Nord, Centro e Sud registrano lo stesso ritmo di risalita, con differenze di partenza che si colmano settimana dopo settimana.
Sapere quando accade, perché accade e come si manifesta nella vita reale significa usare meglio il tempo e gli spazi che abbiamo. Guardare il cielo dopo Natale per cogliere il primo allungamento del tramonto; aspettare l’Epifania per vedere l’alba cominciare a recuperare; riconoscere in febbraio la parte più generosa della curva. È una certezza che si rinnova ogni inverno e che, proprio perché regolare, torna utile a chi organizza lavoro, famiglia, scuola, sport, spesa, socialità. La luce che cresce non è una sensazione vaga, ma un fatto misurabile e condiviso: è l’appuntamento con il Sole che, puntuale, riprende quota e restituisce al Paese il tempo lungo delle sue giornate.
🔎 Contenuto Verificato ✔️
Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: Il Meteo, Focus, GreenMe, ANSA, Corriere della Sera, la Repubblica.

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