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Quali infezioni rileva il Pap test: tipi e rischi che devi conoscere

Approfondimento autorevole sul Pap test e le infezioni rilevabili: HPV, herpes, vaginosi, Candida, Trichomonas. Guida chiara e verificata.
Non è solo una routine ambulatoriale. Non è neppure un esame che si fa una volta e si archivia come una bolletta. Il Pap test, se lo si guarda bene, racconta storie. Storie silenziose. Di infezioni passate inosservate, di segnali sottili che – se colti in tempo – fanno la differenza tra un problema e una diagnosi salvavita.
Ogni anno in Italia, quasi un milione di donne partecipa al programma di screening cervicale. Dati aggiornati parlano del 41,3% delle invitate effettivamente testate. Non è poco, ma nemmeno abbastanza. E la ragione per cui il Pap test andrebbe preso sul serio – non solo come controllo oncologico – è proprio questa: può rilevare molte più cose di quanto si pensi. Virus, batteri, funghi. E sì, anche protozoi. Il tutto osservando cellule. Un po’ come spiare da una finestra: c’è chi riesce a vedere i dettagli.
Infezioni virali
HPV (Papillomavirus umano)
È quella di cui si parla di più, anche se in molti – spesso troppe – non sanno davvero di cosa si tratti. L’HPV, o papillomavirus umano, è un virus che si trasmette per via sessuale. Alcuni ceppi, come il 16 e il 18, sono noti per la loro forte associazione con il tumore al collo dell’utero. Ma il virus, da solo, non basta. Serve tempo, serve silenzio. Ed è qui che entra in gioco il Pap test.
Non rileva direttamente il virus, no. Ma ne osserva gli effetti. Cellule anomale, dette coilociti, alterazioni del nucleo, modifiche nel citoplasma. Dettagli che a occhio nudo sfuggono, ma che sotto un microscopio dicono: “qui qualcosa non va”. Quando si trovano questi segni, si passa al test HPV-DNA, che identifica il tipo di virus. Ma è il Pap il primo campanello.
Herpes simplex virus (HSV)
Ci si aspetta che dia sintomi evidenti, vescicole, dolore. Ma a volte resta lì, sommerso. L’Herpes simplex, soprattutto se attivo, può lasciare tracce visibili anche al Pap test. Cellule multinucleate, inclusioni virali, un’infiammazione che non si spiega. Non capita spesso, ma quando accade, il segnale è chiaro. E permette di intervenire.
Infezioni batteriche
Gardnerella vaginalis e vaginosi batterica
È una delle infezioni più comuni e sottovalutate. La vaginosi batterica, spesso causata da Gardnerella vaginalis, altera profondamente l’equilibrio della flora vaginale. Il Pap test la individua grazie alle cosiddette clue cells, cellule ricoperte da batteri, che sembrano letteralmente incollati sopra la loro superficie.
Non sempre ci sono sintomi. Qualche perdita, a volte un odore anomalo. Ma anche in assenza di fastidi evidenti, la vaginosi può aumentare il rischio di altre infezioni. E può favorire la persistenza dell’HPV. Ecco perché intercettarla è importante.
Clamidia e Gonorrea (diagnosi indiretta)
Il Pap test non è progettato per scovare questi patogeni. Clamidia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae, le due IST tra le più temute, si diagnosticano con tamponi specifici o test molecolari. Ma il Pap, a volte, lancia un messaggio. Un’infiammazione persistente, cellule immature, un numero elevato di globuli bianchi.
Sono segnali. Che qualcosa c’è. E spesso, dietro questi indizi, si trovano proprio loro: clamidia e gonorrea. Infezioni che, se non trattate, possono arrivare a causare sterilità.
Infezioni micotiche
Candida albicans
È il fungo che quasi tutte le donne, almeno una volta nella vita, si sono trovate ad affrontare. La candida, quando è visibile al Pap test, si presenta con ife e spore ben riconoscibili. Il bello – o il brutto – è che molte infezioni sono asintomatiche. Niente prurito, nessuna irritazione. Ma ci sono.
E quando vengono individuate sul vetrino, si può agire prima che diventino recidive. O peggiorino. È come trovare un indizio nascosto: ti cambia la prospettiva.
Protozoi
Trichomonas vaginalis
Poco noto, ma più diffuso di quanto si creda. Il Trichomonas vaginalis è un protozoo trasmesso sessualmente. Il Pap test può individuarlo direttamente – sì, proprio lui, visibile tra le cellule – oppure attraverso segnali secondari: cellule schiumose, flogosi acuta, secrezioni alterate.
È un’infezione fastidiosa, che può coesistere con HPV e complicare i quadri citologici. Il problema? A volte si scopre solo grazie a un Pap test fatto per tutt’altro.
Flogosi non specifiche e disbiosi
E poi ci sono quei casi che non parlano di un patogeno specifico. Ma parlano lo stesso. Il Pap test può mostrare flogosi intensa, disbiosi del microbiota vaginale, leucociti in abbondanza. Non sempre si riesce a dare un nome preciso al problema. Ma è un segnale.
Qualcosa turba l’equilibrio. Può essere un’irritazione, una risposta immunitaria, una variazione ormonale. Ma se quei segnali persistono, vale la pena approfondire. Anche perché, dietro un’infiammazione cronica, a volte si nasconde una lesione più seria.
Cosa fare se qualcosa non va
Quando il Pap test restituisce un risultato anomalo – che sia un’infezione, un’infiammazione sospetta o una lesione cellulare – la reazione è quasi sempre la stessa: ansia. Una parola fuori posto sul referto, tipo atipico, positivo, flogosi, e il cervello parte per la tangente. Ma non è il caso di saltare subito alle conclusioni. È un segnale, non una condanna.
Il primo passo è capirci qualcosa in più. Il ginecologo, di solito, richiede tamponi vaginali o cervicali, a seconda del tipo di sospetto. Se si intravede un’ombra di HPV, si passa al test HPV-DNA, che dice se il virus c’è davvero e quale ceppo ha messo radici. Ceppi 16, 18… insomma, quelli più a rischio.
Se il vetrino mostra invece cellule anomale o un’infiammazione che non si spiega, il medico può suggerire una colposcopia. Detto brutalmente: si guarda il collo dell’utero da vicino, con una lente d’ingrandimento potenziata. Si colora la zona con liquidi specifici, si osserva ogni minimo dettaglio. Non fa male, ma un po’ d’ansia sì, quella è normale. Se c’è qualcosa che stona, si va di biopsia mirata – un piccolo prelievo di tessuto per avere una diagnosi definitiva.
Sono passaggi che sulla carta possono sembrare pesanti, è vero. Ma nella pratica spesso sono rapidi, precisi, decisivi. Servono per capire, per escludere problemi più seri, per intervenire in tempo. E a volte – e capita più spesso di quanto si pensi – il tutto si chiude con una frase rassicurante: era solo un’infiammazione. O una candida. O niente di rilevante.
Follow-up personalizzato
Non tutte le donne sono uguali. Né lo sono i loro referti, i loro corpi, le loro storie. Per questo il follow-up – cioè i controlli successivi – non può essere lo stesso per tutte. Serve buon senso. E serve personalizzazione, non protocolli rigidi applicati in automatico.
Se una donna ha un’infezione da HPV ad alto rischio che non se ne va, si tengono i controlli più stretti. Ogni sei mesi, a volte anche prima. Perché il rischio, lì, cresce col tempo. Se invece si tratta di lesioni leggere, magari in una ragazza giovane, si può anche aspettare. Controllare tra un anno. Spesso regrediscono da sole. Senza panico, senza fretta.
Poi ci sono le situazioni più complesse: infezioni che tornano di continuo, microbiota alterato, donne che hanno già avuto problemi in passato. Lì si gioca d’anticipo. Si usano anche probiotici specifici, si cambia alimentazione, si correggono piccoli squilibri. Perché ogni dettaglio può fare la differenza.
E chi, invece, ha un Pap normale, negativo, può tornare serena alla routine dei tre o cinque anni. Tutto qui. Ma il punto è questo: non si cura un referto, si accompagna una persona. E capire quando aspettare e quando agire è parte della vera medicina. Quella fatta bene. Quella che ascolta, prima ancora di decidere.
I numeri, in Italia
Qualche dato aiuta a capire la dimensione. Nel 2022:
– 955.000 donne hanno effettuato un Pap test all’interno dei programmi di screening.
– 7,7% sono risultate positive al test HPV-DNA.
– 7,6‰ presentavano lesioni di grado CIN2+.
– 41,3% è stata la percentuale media di adesione allo screening organizzato.
– 78% delle donne tra 25 e 64 anni ha fatto almeno un Pap test negli ultimi tre anni.
Il tutto con forti differenze regionali: al Nord si viaggia attorno al 50%, al Sud si scende anche sotto il 30%.
Uno sguardo più ampio
Il Pap test resta, ancora oggi, uno degli strumenti più efficaci per la salute ginecologica. Ma serve guardarlo per quello che è davvero: non solo una difesa contro il tumore, ma un osservatore attento di ciò che accade nel microambiente vaginale.
Per questo andrebbe valorizzato di più. Spiegato meglio. E, perché no, richiesto con più convinzione dalle donne. Perché dietro a quel piccolo vetrino, spesso, ci sono risposte che arrivano prima dei sintomi. E che, se ascoltate, possono cambiare le cose.
🔎 Contenuto Verificato ✔️
Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: Epicentro (ISS), Osservatorio Nazionale Screening, AIFA.

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