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Come cambia il personale ATA dal 2026/27: numeri e ruoli

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Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha chiuso il confronto con le organizzazioni sindacali e messo in pista la riforma delle dotazioni organiche del personale ATA: dal 2026/27 entrano in servizio i nuovi profili di operatore scolastico e funzionario (Area EQ), con un disegno che prevede almeno un operatore per ogni plesso e un rafforzamento delle segreterie attraverso figure dedicate agli atti amministrativi complessi. Contestualmente è confermata una riduzione di 2.174 posti tra i collaboratori scolastici, spostando parte delle funzioni sulla nuova figura di operatore e ridisegnando l’equilibrio tra i ruoli ausiliari, tecnici e amministrativi.

Il cambio di rotta non tocca l’anno in corso: per il 2025/26 la dotazione nazionale resta invariata a 196.477 posti, in attesa del nuovo impianto che scatterà dall’autunno 2026. L’impostazione prevista dal Ministero introduce una programmazione triennale degli organici con verifiche annuali, sostituendo gradualmente i vecchi parametri e orientando la distribuzione del personale ATA su criteri più aderenti alla realtà delle scuole, alla loro articolazione in sedi e alla mole di procedure amministrative oggi in capo alle segreterie.

La mappa del cambiamento: numeri, tempi, priorità

Il cantiere si apre su tre assi. Il primo è temporale: nulla cambia nel 2025/26, mentre dal 1° settembre 2026 prende corpo la nuova architettura. Il secondo è professionale: nasce l’operatore scolastico, figura destinata a presidiare accoglienza, sorveglianza, supporto agli alunni e gestione dei flussi, mettendo ordine a compiti che negli anni si sono stratificati sui collaboratori scolastici. Il terzo è organizzativo: arriva il funzionario EQ nelle segreterie, profilo pensato per sostenere gli adempimenti più delicati (gare, progetti, rendicontazioni, digitalizzazione, gestione documentale), alleggerendo il carico su assistenti amministrativi e DSGA e costruendo percorsi professionali più chiari.

Sul quanto, i cardini sono due: circa 42 mila posti di operatore scolastico e 899 posti da funzionario. Saranno coperti in larga parte tramite mobilità verticale del personale già di ruolo, a budget invariato grazie alle risorse stanziate con l’ultimo contratto. La riduzione di 2.174 collaboratori scolastici scatterà in parallelo nel 2026/27 e, secondo le anticipazioni tecniche condivise al tavolo, colpirà soprattutto le secondarie di secondo grado, dove l’aggregazione logistica e l’organizzazione dei turni consentono maggiori margini di razionalizzazione. L’obiettivo dichiarato è garantire un operatore per plesso, cioè una presenza minima qualificata in ogni sede, a tutela dell’accesso, della sicurezza di base e dell’assistenza diffusa durante la giornata scolastica.

Questo impianto si accompagna a un nuovo metodo di calcolo. La consistenza delle dotazioni ATA non verrà più aggiornata soltanto per singoli scostamenti, ma sarà definita ogni tre anni, con la possibilità di una revisione annuale se i numeri degli alunni, l’apertura o chiusura di plessi e la complessità amministrativa dovessero cambiare in modo sensibile. Esce di scena, quindi, l’impianto tabellare vecchio di quasi un decennio e si entra in un quadro più flessibile, pensato per aderire ai bisogni “reali” delle istituzioni scolastiche.

Operatore scolastico: il presidio di plesso che mancava

Tra le novità, l’operatore scolastico è quella che tocca la vita quotidiana di alunni, famiglie e docenti. È un profilo di front office: accoglie le persone all’ingresso, presidia gli spazi comuni, coordina i flussi in entrata e uscita, sostiene i passaggi di classe, si occupa della vigilanza durante gli intervalli e nei cambi d’ora, aiuta nella gestione delle emergenze e nelle necessità di base degli studenti, inclusi i compiti socio-assistenziali elementari a fianco dei docenti e, quando necessario, del personale specializzato. È anche un profilo di raccordo con la segreteria: gestisce indicazioni al pubblico, smista richieste semplici, allevia le micro-incombenze che intasano gli uffici.

La collocazione in organico per plesso è il cuore della riforma: la scuola italiana è fatta di autonomie ma anche di una costellazione di sedi e succursali. Avere almeno un operatore in ciascuna sede significa assicurare continuità a servizi essenziali troppo spesso garantiti solo dall’impegno informale dei collaboratori scolastici o dalla buona volontà dei docenti. L’operatore si muove su procedure definite, con formazione mirata e requisiti di accesso che riconoscono il peso delle competenze relazionali, della sicurezza e della gestione degli utenti. Nella trama delle mansioni rientrano, oltre alla vigilanza, attività di igiene e cura degli ambienti secondo standard condivisi, a salvaguardia della qualità degli spazi scolastici.

Sul piano contrattuale, la nascita del profilo recepisce il nuovo ordinamento professionale definito con il CCNL di comparto. L’accesso dall’interno avverrà mediante progressioni di area dalle posizioni dei collaboratori, seguendo criteri fissati negli allegati contrattuali (titoli, esperienza, competenze). In caso di posti residui dopo le progressioni interne, è previsto che la quota non coperta venga restituita annualmente all’organico dei collaboratori, evitando esuberi e squilibri difficili da gestire nei collegi.

La ricaduta concreta si misurerà su più fronti. Nelle primarie e nelle infanzie, la presenza stabile dell’operatore alleggerirà i passaggi delicati della giornata, dall’entrata al pasto, fino all’uscita scaglionata. Nelle medie e nelle superiori, l’operatore potrà rendere più fluida la gestione dei cambi d’ora e dei movimenti interni, liberando i collaboratori da mansioni estemporanee e permettendo una programmazione dei turni meno stressante. La figura, inoltre, risponde a esigenze che i dirigenti scolastici segnalano da tempo: accoglienza delle famiglie, front office con l’utenza, gestione dei badge e dei flussi, coordinamento con la vigilanza dei collaboratori nelle aree più sensibili. Un tassello che, se messo a terra con formazione e turnistica adeguate, può incidere sulla sicurezza percepita e sulla qualità del clima scolastico.

Funzionari EQ: segreterie più forti sugli atti complessi

La seconda novità è l’arrivo di 899 funzionari nell’area dell’elevata qualificazione. Non è una formalità. Negli ultimi anni gli uffici di segreteria hanno dovuto fare i conti con progetti PNRR, acquisti PNC, gare e affidamenti con regole mutevoli, rendicontazioni stringenti, trasparenza amministrativa e privacy, oltre a una crescente domanda di digitalizzazione e archiviazione a norma. Il funzionario EQ è pensato per presidiare queste aree, mettere a terra procedure standard, affiancare il DSGA nella supervisione dei processi e contribuire alla qualità documentale degli atti, così da ridurre il rischio di contenziosi e rilievi in sede di controllo.

Anche qui la leva principale è la progressione di carriera: gli assistenti amministrativi con i requisiti previsti potranno accedere al ruolo di funzionario tramite mobilità verticale. La logica è duplice: valorizzare l’esperienza interna e, insieme, costruire un gradino professionale in più per trattenere competenze che altrimenti rischiano di disperdersi. La richiesta sindacale, com’è noto, era di un contingente più ampio per garantire almeno due funzionari per istituto; il Ministero ha scelto una partenza graduale, finanziata in larga parte con le risorse dedicate dall’ultimo contratto e integrata con verifiche annuali sugli effetti a regime.

Cambiando gli equilibri di segreteria, cambiano anche i processi. Con un funzionario a presidiare bandi e acquisti, gli assistenti potranno dedicarsi a pratiche di sportello, al supporto alle famiglie, al contatto con i docenti e alla gestione delle carriere, senza l’intermittenza di scadenze straordinarie che ogni anno rischiano di mandare in tilt gli uffici. Il DSGA, dal canto suo, potrà contare su una catena di responsabilità più chiara e su competenze interne che aiutano a rispettare tempistiche e standard spesso dettati da piattaforme informatiche esigenti e audit successivi.

Il 2025/26 come anno cuscinetto: numeri e regole stabili

Il presente resta congelato. Per l’anno scolastico 2025/26 la dotazione nazionale del personale ATA è confermata a 196.477 posti. La distribuzione per profili resta quella tradizionale, con assistenti amministrativi, assistenti tecnici e collaboratori scolastici sull’assetto già noto. Un elemento importante riguarda i DSGA: con il nuovo sistema di classificazione, la gestione dei posti di Direttore dei servizi generali e amministrativi si è progressivamente separata dalla dotazione ATA complessiva e allineata al numero delle autonomie scolastiche, mantenendo una propria logica di fabbisogno e reclutamento.

Questo anno cuscinetto serve a preparare la transizione: gli Uffici scolastici regionali definiscono i piani dei plessi, i dirigenti mappano i turni, le segreterie organizzano il cronoprogramma delle progressioni di area interne, mentre si attendono le note operative per la partenza delle procedure. È un tempo prezioso anche per il personale in servizio: accumulare corsi e titoli utili, aggiornare le certificazioni digitali richieste dal contratto, rendere tracciabili le esperienze e le competenze maturate negli anni. La coerenza tra requisiti contrattuali e dossier professionale farà la differenza nelle progressioni verticali verso operatore e funzionario.

Come si calcoleranno gli organici: triennio e revisione annuale

La riforma non è solo questione di etichette. Il Ministero introduce un meccanismo di programmazione che sposta il baricentro dalla “conta a consuntivo” al piano triennale. La dotazione complessiva del personale amministrativo, tecnico e ausiliario sarà definita per tre anni, con la facoltà di intervenire ogni anno se i contesti cambiano. Tre i fattori che peseranno di più: la rete dei plessi (e quindi la geografia reale delle sedi), la popolazione scolastica e gli adempimenti amministrativi che ricadono su ciascuna autonomia.

In questa cornice, la sostituzione del vecchio decreto tabellare lascia spazio a tabelle aggiornate e, soprattutto, a clausole di salvaguardia. Una di queste, cruciale per l’accettabilità del piano, riguarda l’eventuale scopertura dei nuovi posti da operatore o funzionario: se le progressioni interne non basteranno a coprire i contingenti previsti, i posti torneranno ai profili di provenienza con la revisione annuale. È una cintura di sicurezza per le scuole, che evita buchi in organico e permette di calibrare l’introduzione dei nuovi profili senza traumi per il servizio.

Il finanziamento avviene a risorse dedicate nell’alveo del contratto: una quota copre la costituzione dell’organico degli operatori (il costo è contenuto, perché in gran parte si tratta di trasformazioni di posti esistenti), la parte residua alimenta la nuova area dei funzionari. A segnare la differenza sarà la capacità degli Uffici e delle scuole di usare il margine di revisione annuale per correggere rotta dove necessario, tenendo insieme sostenibilità e servizio.

Cosa cambia per collaboratori, assistenti e DSGA

Per i collaboratori scolastici il 2026/27 sarà l’anno di una trasformazione più che di un taglio secco. L’istituzione dell’operatore sposterà alcune attività sul nuovo profilo, lasciando ai collaboratori compiti più focalizzati sulla sorveglianza educativa, sul supporto logistico alle classi e sulla custodia degli ambienti secondo le esigenze della scuola. La riduzione di 2.174 posti va letta dentro questo riassetto: non un prosciugamento del presidio, ma una redistribuzione delle funzioni, con l’asticella fissata sull’operatore per plesso.

Per gli assistenti amministrativi si apre la palestra delle progressioni verso il ruolo di funzionario EQ. È una chance attesa, costruita sul riconoscimento di anni di esperienza operativa in segreteria e sull’acquisizione di titoli e competenze coerenti con la gestione di atti complessi. La presenza in organico di funzionari dovrebbe ridurre la frammentazione del lavoro, dare continuità alle istruttorie più lunghe (contabilità, contratti, piani di spesa) e stabilizzare il know-how interno, troppo spesso appeso alla buona volontà di singole persone.

Capitolo DSGA. Il direttore dei servizi generali e amministrativi è una figura a sé: i suoi posti non rientrano più nel conteggio della dotazione ATA “generale”, perché dipendono dal numero delle autonomie e seguono un canale di reclutamento e incarico distinto. L’arrivo dei funzionari potrà fungere da ponte tra DSGA e assistenti, rafforzando la catena di comando su scadenze come programma annuale, conto consuntivo, PON/PNRR e privacy. La differenza, qui, la farà l’organizzazione interna: definire mansioni, priorità, deleghe e procedure per non sovrapporre ruoli e non sprecare energie.

Reazioni sindacali e nodi ancora aperti

Il confronto si è chiuso con posizioni diverse tra le sigle. Da un lato, la valutazione favorevole sull’introduzione di profili che mancavano nelle scuole, sulla programmazione triennale e sulla volontà di evitare esuberi restituendo i posti scoperti ai profili di provenienza. Dall’altro, le criticità: i numeri dei collaboratori ridotti in uno scenario di edilizia scolastica diffusa e plessi spesso lontani tra loro, le segretarie spremute da adempimenti cresciuti ben oltre i livelli pre-PNRR, il contingente dei funzionari giudicato esiguo rispetto alle esigenze di istituti complessi con migliaia di studenti e decine di appalti.

Le organizzazioni più critiche hanno stigmatizzato l’impianto come insufficiente a coprire la vigilanza nelle scuole e a reggere l’urto delle carte, chiedendo più operatori nelle scuole grandi e più funzionari per istituto. Tra i nodi che tornano in ogni documento sindacale ci sono poi il precariato cronico del personale ATA, la necessità di stabilizzazioni coerenti con gli obblighi europei contro l’abuso dei contratti a termine, il turn over da governare con procedure più snelle e un reclutamento che premi l’esperienza maturata “in casa”.

Sul terreno tecnico, restano da definire in modo puntuale le procedure di mobilità verticale (tempi, finestre, criteri di valutazione, riconoscimento dei titoli e della formazione), l’allineamento tra organici e dimensionamento della rete scolastica, gli standard di presidio per plesso in fasce orarie critiche (ingressi, intervalli, uscite), il coordinamento con i servizi comunali dove presenti (trasporti, mensa, assistenza educativa). I dirigenti attendono anche indicazioni operative sui carichi di lavoro e sulle priorità per gli operatori, così da evitare sovrapposizioni con i collaboratori scolastici e rendere misurabile il valore aggiunto del nuovo profilo.

Cosa fare adesso: indicazioni pratiche per scuole e personale

Per i dirigenti scolastici e i DSGA, il 2025/26 è l’anno per preparare il campo. Serve una mappatura dei plessi e delle aree sensibili (ingressi, cortili, corridoi, scale, servizi igienici, laboratori affollati), la definizione di turni e presidi che l’operatore scolastico dovrà coprire, l’aggiornamento del Documento di valutazione dei rischi e dei piani di emergenza con l’inserimento della nuova figura. Va aggiornato il Piano delle attività ATA, indicando compiti e responsabilità distinti per operatori e collaboratori, e predisposto un pacchetto formativo su accoglienza, sicurezza, primo soccorso, comunicazione con l’utenza, gestione conflitti e privacy.

Per gli assistenti amministrativi interessati alla progressione a funzionario, la parola d’ordine è documentare: titoli di studio, anni di servizio, attività svolte (gare, atti negoziali, progetti, contabilità, contratti), certificazioni digitali e corsi su appalti, contabilità scolastica, document management e trasparenza. Una cartella professionale aggiornata ridurrà i tempi e gli intoppi quando gli Uffici pubblicheranno i bandi interni. Analogamente, i collaboratori che puntano a diventare operatori devono curare le certificazioni richieste dal contratto (in primis alfabetizzazione digitale) e i corsi su sicurezza, accoglienza e assistenza di base.

Le scuole polo per la formazione possono giocare un ruolo decisivo: moduli brevi, calibrati sulla pratica e replicabili in rete, che rendano operative le competenze chiave in tempi rapidi. L’esperienza maturata con il PNRR ha mostrato che la formazione on the job, accompagnata da tutoraggio fra pari, è la più efficace per trasformare subito il profilo su carta in prestazione reale al servizio di tutta la comunità scolastica.

L’impatto atteso su sicurezza, clima e burocrazia

Nel medio periodo, la riforma promette tre effetti. Il primo riguarda la sicurezza diffusa: con un operatore per plesso, si può programmare un presidio stabile nei momenti più delicati della giornata, ridurre i vuoti negli spazi comuni, intervenire più rapidamente su piccoli incidenti, gestire i flussi senza improvvisazioni. Il secondo effetto tocca il clima di scuola: un front office chiaro, tempi di attesa più ordinati, regole d’accesso uniformi fra sedi diverse aiutano a smussare gli attriti con le famiglie e a ridurre il rumore organizzativo che spesso ricade sulle lezioni. Il terzo effetto è amministrativo: con i funzionari al fianco dei DSGA, le pratiche complesse dovrebbero smettere di cannibalizzare lo sportello e liberare risorse per supporto didattico e servizi agli studenti.

Molto dipenderà dalla messa a terra. Un organico nuovo inserito in procedure vecchie rischia di perdere efficacia. Servono piani di presidio chiari per gli operatori, manuali di processo snelli per le segreterie, strumenti digitali che riducano i passaggi manuali e nastro adesivo nelle procedure. Serve, soprattutto, che le scuole possano aggiustare ogni anno la posizione in base a plessi che cambiano, iscrizioni che salgono o scendono, cantieri che spostano temporaneamente aule e laboratori. La clausola di revisione annuale è stata pensata proprio per questo: evitare che l’organico rimanga fermo mentre la scuola si muove.

Ultime note su reclutamento, precari e contenziosi

Sul fronte reclutamento, il Ministero ha confermato l’intenzione di sfruttare il canale delle progressioni verticali per riempire i nuovi profili, evitando di aprire subito fronti concorsuali che allungherebbero i tempi. In parallelo, resta sul tavolo il tema della stabilizzazione del personale con contratti a termine e del contenzioso europeo sul ricorso reiterato al tempo determinato: è una partita che attraversa l’intero comparto scuola e che, per il personale ATA, si intreccia con l’inasprimento dei requisiti di accesso e qualificazione introdotti dal nuovo ordinamento contrattuale.

Il precariato ATA è il punto più sensibile. Gli organici confermati per il 2025/26 hanno congelato una situazione già tirata, e l’ingresso dei nuovi profili nel 2026/27 chiederà una regia attenta per non trasformare la transizione in un’ulteriore stagione di supplenze. La scelta di coprire operatori e funzionari con progressioni interne va in direzione della valorizzazione del personale già presente nelle scuole: richiede, però, che gli Uffici mettano a disposizione bandi chiari, calendarizzino le fasi con anticipo e rendano trasparente ogni passaggio, in modo da non lasciare scoperte le scuole all’inizio dell’anno.

Titoli, requisiti e formazione: cosa serve davvero

In vista delle procedure, il personale interessato deve tenere d’occhio tre voci: titoli, esperienza, certificazioni. Per l’operatore scolastico contano la qualifica coerente, l’alfabetizzazione digitale certificata e gli anni di servizio maturati come collaboratore. Per il funzionario, oltre all’anzianità come assistente, pesano titoli di studio superiori o un monte ore significativo di esperienza e formazione su atti amministrativi, contabilità e contrattualistica pubblica. Non è un esercizio burocratico: significa garantire che chi accede ai nuovi ruoli possa reggere responsabilità e tempi che la scuola di oggi impone.

La formazione dovrà essere mirata. Per gli operatori: sicurezza e emergenze, accoglienza e comunicazione, supporto di base agli alunni, igiene degli ambienti. Per i funzionari: Codice dei contratti, contabilità scolastica, trasparenza e privacy, gestione documentale e archiviazione digitale, progettazione e rendicontazione PNRR. Senza dimenticare l’uso avanzato delle piattaforme ministeriali: è lì che si gioca la partita dell’efficienza quotidiana.

Il quadro che si compone: equilibri e responsabilità

Mettendo insieme i tasselli, il disegno del Ministero porta a una scuola con più presidio negli spazi e più forza negli uffici. L’operatore per plesso è una risposta a un bisogno strutturale emerso con forza negli ultimi anni: ingressi affollati, utenza esigente, emergenze da gestire con prontezza. Il funzionario è la risposta a una burocrazia che non si può fermare e che, se non ben presidiata, finisce per sottrarre tempo al resto. Il taglio sui collaboratori scolastici resta un sacrificio discusso, che dovrà essere compensato da una organizzazione diversa del lavoro e da un vero coordinamento tra operatori e collaboratori per non lasciare scoperte aree sensibili.

La responsabilità della buona riuscita, in ultima analisi, è condivisa. Il Ministero deve garantire regole chiare, tempistiche rispettate e correttivi rapidi dove i numeri non tornano. Gli Uffici regionali devono aiutare le scuole a leggere i propri dati e a pianificare. Le dirigenze devono disegnare processi e presidi misurabili. Il personale deve investire su competenze e titoli. Solo così l’impianto potrà tradursi in servizio.

Una svolta misurabile: cosa guardare nei prossimi mesi

Per capire se la riforma sta funzionando, varrà la pena guardare indicatori semplici e concreti. Nelle segreterie: tempi medi di lavorazione degli atti complessi, numero di rilievi in fase di controllo, puntualità nelle scadenze di rendicontazione. Nei plessi: presenza effettiva dell’operatore nelle fasce critiche, segnalazioni su ingressi e corridoi, eventuali incidenti e tempi di risposta. Nei colloqui con le famiglie: ordine all’accesso, chiarezza nelle comunicazioni, riduzione di conflitti e attese. Se, tra un anno, questi indicatori saranno migliorati, vorrà dire che la riforma non è rimasta sulla carta.

Nel frattempo, l’attenzione resta alta su due fronti. Il primo è la copertura dei nuovi profili: quante progressioni andranno a buon fine, quanti posti resteranno vuoti e torneranno ai profili originari alla prima revisione. Il secondo è il precariato: con un organico che non cresce nel 2025/26 e una riforma che ridisegna ruoli e carichi, va evitato il rischio che le scuole partano con buchi proprio negli anelli nuovi della catena.

Ultima parola ai lettori: perché interessa a tutti, non solo alle scuole

Parliamo di personale ATA e sembra un tema tecnico, da addetti ai lavori. In realtà riguarda tutti. Significa scuole più sicure, uffici più veloci, lezioni meno interrotte. Significa che una famiglia che arriva in segreteria trova qualcuno che sa dove indirizzarla e un atto che non si perde in un cassetto. Significa che un alunno fragile ha un adulto in più di riferimento in corridoio, che un docente non deve abbandonare la classe per accompagnare un ragazzo in bagno, che un dirigente può firmare un atto sapendo che la catena è stata rispettata.

Se c’è una lezione degli ultimi anni è che la qualità della scuola non dipende solo dai docenti. Dipende da chi apre il cancello al mattino, da chi risponde al telefono, da chi pulisce un’aula in tempi stretti, da chi carica un documento nella piattaforma giusta, da chi raccoglie un’informazione e la passa correttamente. È il lavoro silenzioso del personale ATA che garantisce la normalità. La riforma, con luci e ombre, prova a riconoscerlo e a organizzarlo meglio.

Rotta tracciata: il servizio scolastico passa dagli ATA

Dall’autunno 2026 la scuola italiana cambierà pelle anche grazie al personale ATA. La nascita dell’operatore scolastico e del funzionario EQ, la programmazione triennale degli organici e la revisione annuale dei parametri disegnano un sistema più moderno e, se ben guidato, più affidabile. Il taglio sui collaboratori resta un passaggio delicato, che dovrà essere compensato con organizzazione e formazione. Ma la direzione è chiara: più presidio nei plessi, più competenze nelle segreterie, più accountability lungo la filiera amministrativa.

A fare la differenza saranno i dettagli: bandi tempestivi e trasparenti, formazione utile e subito spendibile, manuali operativi semplici, indicatori per misurare i risultati. Se questi pezzi andranno al loro posto, nel giro di un triennio avremo scuole più ordinate, più sicure e più rapide nel dare risposte. È il modo più concreto per dare valore a una parola abusata: servizio pubblico. E passa, inevitabilmente, dalla qualità e dalla dignità del personale ATA.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: Orizzonte ScuolaTecnica della ScuolaFLC CGILCISL ScuolaMinistero dell’Istruzione e del Merito.

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