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Perché gli anziani dormono sempre? Cause, rischi e soluzioni

Anziani che dormono troppo? Un viaggio umano nel perché accade, cosa lo causa, come intervenire e come restituire energia alle loro giornate.
Chi ha un nonno o una nonna lo sa bene: arriva sempre quel momento in cui ci si rende conto che dorme di continuo. Si addormenta dopo pranzo, sul divano, durante il telegiornale, ma anche a metà di una frase o con la forchetta in mano a tavola. All’inizio sembra solo una scena tenera, qualcosa di normale per chi ha vissuto una vita lunga e piena. Si sorride, si scattano foto, si dice “che carini gli anziani quando dormono così”. Ma prima o poi arriva la domanda: è davvero solo un’abitudine o c’è qualcosa dietro?
Il sonno degli anziani non è mai una cosa da liquidare con leggerezza. In Italia ci sono oltre 14 milioni di persone con più di 65 anni, e una parte enorme di loro sembra passare mezza giornata a dormire. Non è solo “stanchezza”: dietro a quelle ore a occhi chiusi si intrecciano pezzi di biologia, emozioni, abitudini quotidiane. C’è chi dorme perché il corpo cambia, perché i ritmi naturali rallentano. C’è chi dorme perché i farmaci lo trascinano giù, come se premessero un interruttore. E c’è chi dorme perché la solitudine pesa, perché non c’è più molto che spinga a restare svegli.
Capire perché gli anziani dormono sempre non è una curiosità da soddisfare a tavola, è un modo per difendere la loro salute, ridare qualità alle giornate, tranquillizzare figli e nipoti che guardano quei riposi infiniti e, inevitabilmente, si chiedono se sia tutto normale.
Quando “dormire sempre” smette di essere normale
Dormire molto con l’età è naturale. Il corpo invecchia, i ritmi cambiano, e un po’ di riposo in più è parte del processo. Ma c’è una differenza enorme tra il “riposino dopo pranzo” e il bisogno costante di sonno che porta una persona a passare metà della giornata a letto o a cadere nel sonno in qualsiasi momento. È lì che “dormire tanto” diventa qualcosa di diverso, che la medicina chiama ipersonnia.
Molti anziani raccontano di svegliarsi già stanchi, come se il sonno non ricaricasse più. Alcuni si addormentano durante le conversazioni, altri mentre stanno leggendo, altri ancora davanti alla TV e faticano a distinguere giorno e notte. Questo stato di torpore non riguarda solo il corpo: influisce sull’umore, rende più difficile mantenere i legami con chi li circonda e, se non affrontato, può aprire la strada ad altri problemi, fisici e mentali.
A che età diventa frequente
I cambiamenti del sonno cominciano presto, molto prima di quanto si pensi. Già tra i 60 e i 65 anni la qualità del sonno inizia a cambiare: si dorme in modo più leggero, si fanno più risvegli durante la notte, le fasi profonde si accorciano. La persona spesso si sveglia all’alba senza riuscire a riaddormentarsi. Si tende a dire “è l’età”, e in parte è vero. Ma è con il passare degli anni, dopo gli 80, che molti iniziano a dormire sempre.
Le statistiche lo confermano: studi condotti in residenze per anziani italiane stimano che tra il 30 e il 40% delle persone oltre gli 85 anni presenti una sonnolenza diurna importante, al punto da trascorrere gran parte della giornata addormentati. Questo non significa che tutti gli anziani dormano troppo, ma che il fenomeno diventa sempre più comune con l’avanzare dell’età e con la fragilità che porta con sé.
Donne, uomini e un dato curioso
Il dato sorprendente è che le donne anziane dormono di più degli uomini. La differenza non è enorme, ma significativa. In alcuni studi italiani, circa il 25% delle donne sopra i 75 anni dichiara di avere una sonnolenza eccessiva durante il giorno, contro il 20% degli uomini. Ci sono motivi biologici: la menopausa porta cambiamenti ormonali che influenzano il sonno, la riduzione degli estrogeni incide sulla qualità del riposo, e disturbi come anemia, osteoporosi o problemi tiroidei – più comuni tra le donne – aumentano la stanchezza.
Ma c’è anche un aspetto sociale. Le donne vivono più a lungo, e questo significa che sono più spesso sole, magari dopo la morte del partner. Una vita con meno stimoli, meno conversazioni, meno attività può portare a “rifugiarsi” nel sonno. Non per scelta, ma perché diventa la cosa più facile da fare per riempire ore vuote.
Nord, Sud e Centro: cambia qualcosa?
In Italia la geografia influenza anche il modo in cui gli anziani dormono. Al Sud la sonnolenza prolungata è spesso legata a isolamento e sedentarietà. Molti anziani vivono soli, soprattutto nei piccoli centri, e hanno meno accesso ad attività di gruppo o servizi per la terza età. Dormire diventa un passatempo, un modo per far passare le ore.
Al Nord, invece, i casi di sonnolenza eccessiva vengono individuati e diagnosticati più spesso. Non è detto che siano più numerosi, ma semplicemente i medici e i centri del sonno sono più diffusi. Le famiglie chiedono aiuto prima, le strutture intervengono. Questo porta a un paradosso: sembra che al Nord ci siano “più casi”, ma in realtà c’è solo più attenzione e più dati raccolti.
Perché succede
I cambiamenti fisiologici
L’invecchiamento cambia tutto, anche il modo in cui dormiamo. Il cervello produce meno melatonina, l’ormone che regola il ritmo sonno-veglia. Le fasi di sonno profondo si accorciano, i risvegli aumentano. Gli anziani dormono più ore, ma quel sonno è “leggero”, non ristoratore. Al mattino sono stanchi, e durante il giorno il corpo chiede di recuperare. Nasce così un circolo vizioso: più sonnellini di giorno, meno sonno di qualità la notte, e ancora più sonnellini il giorno dopo.
Le malattie e i farmaci
Gli anziani assumono molti farmaci, e alcuni di questi “addormentano” letteralmente. Antidepressivi, farmaci per il Parkinson, antipertensivi, sedativi: la lista è lunga. Poi ci sono le malattie che tolgono energia, come anemia, dolori cronici, problemi alla tiroide, insufficienza renale o respiratoria. Tutti questi fattori si sommano e aumentano il bisogno di dormire.
E non bisogna dimenticare un problema silenzioso: la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Durante la notte il respiro si interrompe per pochi secondi, decine di volte. Chi ne soffre dorme ore, ma il cervello non riposa mai davvero. Il giorno dopo il corpo chiede sonno, ancora e ancora.
La mente
Non è solo questione di corpo. C’è chi dorme tanto per un motivo più sottile: la depressione. Magari non la nomina, non dice “sono depresso”, ma la vive. Dormire diventa un rifugio, un modo per non sentire il peso di giornate tutte uguali. Anche l’isolamento sociale pesa: chi non ha stimoli, amici, attività, si lascia andare al sonno. Dormire diventa la strada più semplice.
Un campanello d’allarme neurologico
Studi recenti hanno trovato un legame tra sonnolenza eccessiva e accumulo di beta-amiloide, la proteina che si deposita nel cervello nelle prime fasi dell’Alzheimer. Non vuol dire che chi dorme tanto svilupperà la malattia, ma la sonnolenza marcata può essere un segnale. Se a questo si aggiungono memoria debole, confusione, cambiamenti di comportamento, la cosa va presa sul serio e serve parlarne con un medico.
Le conseguenze di dormire sempre
Sul corpo
Dormire tanto non significa riposare meglio. Chi dorme sempre si muove meno, perde forza, i muscoli si indeboliscono, le articolazioni diventano rigide. Aumentano le cadute, peggiorano problemi di cuore e diabete. In pratica, si crea un ciclo: si dorme tanto, ci si muove poco, e il corpo diventa sempre più fragile.
Sulla mente
La sonnolenza eccessiva crea una sorta di “nebbia mentale”. Gli anziani fanno fatica a concentrarsi, a seguire una conversazione, a ricordare piccoli dettagli. Diventano più irritabili o al contrario troppo silenziosi. Chi li guarda dall’esterno pensa che “non ascoltino”, ma la realtà è che sono intrappolati in un torpore continuo.
Sulla vita sociale
Dormire tanto vuol dire anche perdere momenti di vita. Chi si addormenta di continuo partecipa meno alle conversazioni, esce meno, non prende parte alle attività. E così la solitudine aumenta. Si dorme perché ci si sente soli, e ci si sente soli perché si dorme. È un ciclo difficile da rompere.
Cosa si può fare
Migliorare l’igiene del sonno
Non servono miracoli, ma regole semplici. Andare a letto e svegliarsi sempre alla stessa ora. Rendere la camera confortevole: buia la notte, luminosa la mattina. Evitare i riposini infiniti dopo pranzo: meglio uno breve, 20-30 minuti, che ore intere a letto. Questi dettagli possono cambiare molto.
Stimolare corpo e mente
Un po’ di movimento ogni giorno: una passeggiata, un giro al mercato, anche solo scendere le scale. E stimolare la mente: libri, musica, parole crociate, chiacchiere. Non serve molto: basta tenere il cervello e il corpo attivi per ridurre il bisogno di “rifugiarsi” nel sonno.
Controllare farmaci e salute
Un medico può capire se qualche pillola provoca sonnolenza. Può fare analisi per verificare anemia, tiroide, carenze nutrizionali. E può ordinare una polisonnografia per scoprire apnee notturne. A volte basta aggiustare un farmaco o trattare un disturbo per ridurre il problema.
Intervenire presto
C’è un momento in cui bisogna smettere di dire “è solo l’età”. Se la sonnolenza peggiora rapidamente, è accompagnata da perdita di peso, confusione, cadute, serve subito una valutazione. Prima si scopre la causa, più è possibile cambiarne l’andamento.
Come interviene la medicina
La medicina oggi guarda alla sonnolenza come a un sintomo, non come una diagnosi. Questo vuol dire cercare la causa: è un effetto di farmaci, di una malattia, di apnee, di depressione? Gli approcci sono combinati: modificare cure, trattare carenze, usare terapie respiratorie se serve.
Nei casi più complessi serve un lavoro di squadra: geriatri, neurologi, pneumologi, fisioterapisti, psicologi. L’obiettivo non è solo ridurre le ore di sonno, ma restituire energia, lucidità e qualità della vita.
Uno sguardo più vicino
Immagina un pomeriggio in una casa di riposo. C’è chi dorme davanti alla TV, chi si assopisce a tavola. Poi, piano piano, si introduce qualcosa di nuovo: una passeggiata, un laboratorio di musica, la visita dei nipoti una volta alla settimana. Dopo un mese, chi dormiva quattro volte al giorno comincia a svegliarsi di più. Gli occhi sono più vivi, la voce più presente. Piccoli cambiamenti, ma la differenza è enorme.
Chiedersi perché gli anziani dormono sempre non è un esercizio di curiosità. È un modo per prendersi cura di loro, per leggere un segnale. Perché quel sonno continuo, a volte, non è solo un bisogno del corpo: è un messaggio. Capirlo, ascoltarlo, fare qualcosa, può cambiare la vita di una persona anziana. E di chi le sta accanto. Dormire è naturale. Dormire troppo, no. E distinguere le due cose è, in fondo, un atto di amore.
🔎 Contenuto Verificato ✔️
Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: Farmoderm.it, ISSalute.it, Auxologico.it, Pacinimedicina.it.

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