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Perché ITV ha scaricato Sarah Ferguson proprio adesso?

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ITV ha scaricato Sarah Ferguson

Crediti foto: Freepik

Sarah Ferguson non comparirà più nei programmi daytime di ITV. Stop alle ospitate a “This Morning” e a “Loose Women”, dove negli anni è stata presenza ricorrente e persino co-conduttrice. La scelta, emersa il 29 ottobre 2025, viene collegata al riaccendersi del dossier Jeffrey Epstein e a una email del 2011 in cui l’ex duchessa di York lo definiva “un amico incrollabile, generoso e supremo”. In tv, dove la reputazione è metrica quotidiana, l’accumulo di elementi è diventato ingestibile: ogni apparizione si trasformava in un referendum sul passato dell’ex marito, il principe Andrea. Risultato: cancellata dai palinsesti dei talk più popolari della rete commerciale britannica.

Il messaggio per il pubblico italiano è netto e pratico. Da oggi Ferguson sparisce dal daytime di ITV e lo fa per una combinazione di rischio reputazionale, pressioni editoriali e coerenza di brand. Il caso Epstein, con il suo carico di testimonianze, sentenze e carte che riaffiorano, continua a proiettare ombre lunghe su chiunque ne sia stato toccato. Nel frattempo, intorno all’ex duchessa si sono sfilate anche charity e patrocinî, mentre sullo sfondo si chiude la disputa su Royal Lodge con scenari di trasloco a Frogmore Cottage. Televisioni e sponsor hanno tirato le somme: niente più inviti, niente più poltrone.

Che cosa cambia nei programmi di ITV

ITV è la più grande emittente commerciale del Regno Unito, vive di advertising e misura al millimetro la sua brand safety. “This Morning”, magazine di fascia tarda mattutina, e “Loose Women”, tavolo d’opinione pomeridiano, sono due colonne del daytime. Ferguson su quei divani si muoveva con agio: confidenze familiari, tono brillante, la capacità di reggere il ritmo del dibattito senza irrigidirlo. In più di un’occasione era stata guest editor e co-host, un segnale di fiducia non banale in un orizzonte mediatico severo con i membri, o ex membri, della famiglia reale.

Ora lo scenario si capovolge. Non parliamo di una sospensione tattica in attesa che passi la tempesta. Parliamo di un congelamento operativo che toglie Ferguson dall’elenco degli ospiti utili a quei format. In termini televisivi vuol dire proteggere la cornice del programma: nessun segmento può “mangiare” l’intera puntata, nessun personaggio deve trasformarsi in notizia a prescindere dal tema del giorno. Con lei il rischio era diventato strutturale. Bastava una domanda su un libro o su una campagna solidale e la conversazione, inevitabilmente, rientrava nel gorgo Epstein/Andrea. La tv generalista odia le calamite narrative che spostano il baricentro.

Un dettaglio pesa più di altri: Ferguson era stata arruolata proprio quando “This Morning” cercava stabilità dopo l’uscita di scena di volti storici. L’idea era riprendere confidenza con il pubblico attraverso presenze familiari, rassicuranti, capaci di piccole rivelazioni ma senza scosse. La nuova ondata di rivelazioni dal dossier Epstein ha ribaltato quel calcolo. Nella logica dei palinsesti, una scelta così non si improvvisa: significa che i produttori hanno valutato curve d’ascolto, reazioni social, ritorno pubblicitario e, anche senza comunicati solenni, hanno preferito tagliare corto.

Quel messaggio del 2011: la miccia che riaccende il caso

La email del 2011 indirizzata a Epstein è il fotogramma che ha riacceso l’incendio. Non è nuovo che Ferguson fosse legata alla vicenda: già in passato aveva definito “un colossale errore di giudizio” l’aver accettato denaro dall’uomo d’affari americano, condannato nel 2008 per reati legati allo sfruttamento sessuale di minorenni. Nel tempo, aveva anche dichiarato di aver interrotto ogni rapporto. Poi, quell’email — finita sui tabloid — suona come un contrappunto imbarazzante: parole lusinghiere, toni di gratitudine, un registro che stride con la narrativa successiva.

In un mercato media iper-polarizzato, una simile contraddizione pesa come piombo. Non soltanto per l’opinione pubblica, ma per gli standard interni delle aziende editoriali. Le redazioni lavorano con checklist molto stringenti: trasparenza, consistenza delle dichiarazioni, assenza di conflitti con le cause sociali sostenute in onda. Il daytime di ITV, tra rubriche su violenza di genere, sensibilizzazione sul consenso, tutela dei minori, non poteva legittimare la frizione perenne tra quel linguaggio del 2011 e le posizioni odierne. Ogni volta che la storia riemerge, la tv paga un dazio in credibilità. E la credibilità è la prima valuta da proteggere.

Non è tutto. L’email agisce come trigger per altri tasselli che si sommano: vecchie foto, passaggi televisivi, contraddizioni minori. In un contesto di attenzione spasmodica alla due diligence, la misura è colma. Chi scrive la scaletta deve poter contare su ospiti che non spostino la conversazione dal merito del segmento al metamerito della loro biografia. Questo, semplicemente, non era più possibile.

L’ombra di Andrea e la partita delle residenze

Il destino televisivo di Ferguson non si può separare dal vortice che avvolge il principe Andrea. La scelta dell’emittente arriva mentre sullo sfondo si cerca di chiudere la disputa su Royal Lodge, la grande dimora di Windsor condivisa, di fatto, da Andrea e dall’ex moglie. Al centro delle polemiche c’è il canone di locazione e l’uso dell’immobile in rapporto al ruolo pubblico del fratello del re. Le ricostruzioni convergono su un’intesa che prevederebbe per Andrea il trasferimento a Frogmore Cottage, residenza più contenuta, liberando di fatto Royal Lodge.

Per Ferguson la prospettiva resta più incerta: dove andrà non è definito. Si è parlato di soluzioni nell’orbita di Windsor, in un perimetro logistico che permetta una vita più riservata e sostenibile. Ma quel che conta, al netto dei dettagli immobiliari, è il messaggio. Se la Casa reale riordina residenze e simboli, riducendo superfici e visibilità, l’onda arriva anche alla tv commerciale. Nessuno vuole ritrovarsi in diretta a commentare traslochi, sfratti, accordi informali. Le televisioni scappano da ciò che inghiotte la narrazione del programma. E gli sviluppi sull’assetto abitativo di Andrea e Ferguson, che siano conferme o smentite, sono materiale che magnetizza.

Poi c’è l’aspetto umano, impossibile da ignorare. Andrea e Sarah hanno mantenuto nel tempo un rapporto di prossimità: coabitazioni, frequentazioni assidue, un cordone mai reciso. Ogni spostamento di lui trascina domande su lei, e viceversa. Nel racconto mediatico, la coppia — pur separata — funziona da sistema. Tanto basta per rendere indesiderabile la presenza fissa di Ferguson in palinsesto.

Reputazione e palinsesti: perché la tv commerciale dice stop

Il termine chiave è brand safety. In soldoni: evitare contenuti e volti che possano provocare reazioni negative del pubblico o degli inserzionisti. Il daytime è la fascia più sensibile perché regge una parte importante del fatturato pubblicitario con sponsor family friendly, servizi, largo consumo. Se un ospite rischia di convertire l’attenzione in polemica, la direzione programmi fa un passo indietro. Nel 2025 questo non è più segno di pruderie: è gestione del rischio.

C’è poi la meccanica dei talk. “This Morning” e “Loose Women” puntano su empatia, confessione controllata, vicinanza con il pubblico. La presenza di Ferguson, per quanto televisiva, è diventata una scommessa ogni volta. Bastava un riferimento, una telefonata da casa, un post sui social e il blocco si spostava sui non detti del caso Epstein o sulla saga delle residenze. Le conduttrici e i conduttori si ritrovavano a moderare tensioni non pianificate, con il rischio di sconfinare nella rissa. È il contrario di ciò che cercava ITV dopo anni di scossoni nella fascia.

Il contesto economico fa il resto. Le emittenti britanniche hanno già avviato una spending review sul daytime: riduzione di costi, maggiore selettività sugli ospiti, attenzione ai ritmi e ai formati che portano ascolti senza strascichi. In questo orizzonte, la domanda è scomoda ma semplice: perché investire tempo e minuti su un personaggio che può scatenare un framing dannoso, quando il catalogo di ospiti possibili è ampio? Di fronte a un rischio ripetuto, la risposta naturale è no.

Gli effetti collaterali: charity, patrocinî e immagine pubblica

La tv non decide mai nel vuoto. Intorno a Ferguson, nelle ultime settimane, si è mossa anche la galassia del non profit. Diverse associazioni hanno comunicato la rimozione del suo nome tra i patron o i testimonial. Non tutte con lo stesso tono, non tutte con la stessa urgenza, ma il quadro è chiaro: in tema di tutela dei minori e violenza, il margine di ambiguità è nullo. Se esiste un documento o un contenuto che può essere letto come incoerente, si preferisce tagliare.

Questo smottamento ha due conseguenze. La prima è pratica: meno eventi pubblici, meno foto, meno palcoscenici “neutri” dove presidiare la reputazione. La seconda è simbolica: quando il terzo settore prende le distanze, una tv generalista coglie il segnale e si allinea. Gli inserzionisti hanno sensibilità simili; molti operano a loro volta nel sociale e non vogliono ritrovarsi accostati, anche solo indirettamente, a storie che dividono.

Ferguson ha spiegato che i toni dell’email del 2011 erano frutto di pressioni e che la rottura con Epstein risale proprio a quegli anni. È una versione che fa parte del dossier e che merita spazio. Ma nell’arena mediatica contemporanea contano anche la percezione e la continuità del racconto. Il problema non è soltanto la verità fattuale; è la tenuta dell’immagine nel tempo. Qui si è creata una crepa, e ogni crepa inonda il palinsesto.

Che cosa resta a Fergie: pause ragionate o reinvenzione

Tagliata fuori dal daytime ITV, Ferguson ha davanti tre strade realistiche. La prima è la pausa. Non l’esilio, ma un periodo di decompressione lontano dagli studi, con apparizioni mirate e un profilo pubblico a bassa intensità. È la soluzione più probabile nel breve periodo perché consente di raffreddare la conversazione e di evitare domande incrociate su Andrea, Royal Lodge, le charity.

La seconda è la reinvenzione. Ferguson è autrice prolifica, con una produzione che va dalla narrativa per ragazzi ai volumi illustrati. Prodotti editoriali del genere possono vivere anche senza tournée televisive invasive: bastano librerie, scuole, incontri locali. Una promozione chirurgica evita le trappole del prime time e offre l’occasione di presidiare un terreno meno scivoloso. Non è il paradiso, certo, ma è praticabile.

La terza è la migrazione verso piattaforme e contesti blindati: podcast proprietari, eventi privati, conferenze a invito, format online dove le domande sono pre-contrattualizzate. È un terreno scivoloso — il rischio di apparire autoreferenziale è alto — ma in momenti di crisi reputazionale consente un minimo di narrazione controllata. Se e quando il clima attorno a Epstein e ad Andrea si stempererà, sarà possibile valutare un rientro più ampio.

C’è infine il tema, non secondario, dei rapporti con la famiglia reale. Pur non ricoprendo un ruolo ufficiale, Ferguson resta figura limitrofa a Windsor. Il suo posizionamento pubblico non può ignorare quel contesto. Una scelta di sobrietà — meno apparizioni, messaggi più asciutti, nessuna polemica — aiuterebbe a disinnescare il cortocircuito tra sfera privata e sfera mediatica.

Che cosa vede il pubblico italiano: perché questa storia conta

Per i lettori italiani la domanda è concreta: perché dovrebbe interessare un braccio di ferro televisivo britannico? Per due ragioni. La prima riguarda la governance della reputazione nel settore media. Il caso Ferguson mostra come i broadcaster europei stiano raffinando i protocolli di valutazione del rischio. Non basta il carisma di un ospite, non bastano gli ascolti del giorno: se un profilo porta con sé un rischio sistemico per il brand, la tv fa un passo indietro. È un paradigma destinato a pesare anche qui, su talk e infotainment nostrani.

La seconda ragione tocca la cultura pop. Le case reali europee continuano a catalizzare l’attenzione del pubblico, e i loro ecosistemi, fatti di ex consorti, figli, ex cognati, sono diventati casting naturali per i talk. Ma il ciclo di vita televisivo di questi personaggi è sempre più breve: basta un documento riemerso, una frase mal calibrata, un report di charity per sfarinare una narrativa costruita in mesi. Chi programma i palinsesti lo sa e alza le difese. È ciò che ITV ha fatto con Ferguson.

Non è moralismo: è gestione di prodotto. Un programma daytime è un prodotto fragile — ha bisogno di un clima, di un tono, di fiducia. Una frizione ripetuta con il vissuto di un ospite rischia di rompere quell’equilibrio. La lezione è tecnica e vale anche per l’Italia: chi costruisce contenuti deve mettere in conto audit reputazionali più severi, soprattutto quando si intrecciano temi di abuso, minori, potere.

Cronologia ragionata degli ultimi passaggi

Il 2008 segna la prima condanna di Epstein. Nel 2011 Ferguson parla in tv di rottura con lui e definisce l’intera vicenda “un errore di giudizio”. Nello stesso anno, l’email ora diventata pubblica la ritrae in un registro opposto, di ringraziamento e stima. Quella discrepanza resta latente per anni, mentre intorno si accumulano inchieste e documentari. Nel frattempo, in tv, Ferguson ricompare come ospite e persino come co-conduttrice per una giornata.

Il 2025 riapre il cassetto con l’email. Si muovono le charity, si diradano gli inviti pubblici, i talk devono scegliere. La disputa su Royal Lodge entra nell’ultima curva, con indiscrezioni su un trasferimento di Andrea a Frogmore Cottage. L’insieme fa massa critica. È qui che la macchina ITV decide di smarcare i suoi programmi dal caso Ferguson. Le tappe non sono scolpite nel marmo — la tv commerciale non ama i comunicati tranchant — ma il trend è comprensibile: semplificare il perimetro, ridurre i rischi, andare avanti.

In tutto questo, l’ex duchessa prova a riposizionarsi. Ribadisce lo strappo con Epstein, lavora su progetti editoriali, cura la sua presenza pubblica con maggiore prudenza. È un processo che richiede tempo e silenzio. Al momento, però, i palinsesti di ITV non la includono più.

Le domande aperte (quelle che contano davvero)

ITV tornerà sui suoi passi? Poco probabile nel breve. Fino a quando il dossier Epstein genererà nuovi tasselli, chi programma il daytime preferirà non riaccendere la miccia. Più avanti, con un quadro meno teso, non si può escludere un invito mirato, circoscritto, su temi neutri. Ma non è l’orizzonte adesso.

Dove comparirà Ferguson nei prossimi mesi? Se seguirà la strategia prudente, la vedremo in contesti minori, con uscite editoriali e presenze locali. I talk ad alto impatto richiedono condizioni che oggi non ci sono: serenità, domande non polarizzate, uno spazio informativo che non sia colonizzato da polemiche.

Quanto pesa la dimensione “casa reale”? Molto. Non per una regia dall’alto, ma per la sensibilità che inevitabilmente si crea intorno a Windsor quando si scompone e ricompone la geografia delle residenze e dei ruoli. La tv non è indipendente dall’aria che tira. Se l’aria chiede sobrietà, il daytime la segue.

Una decisione che ridisegna il perimetro del daytime

La rimozione di Sarah Ferguson dai programmi di ITV non è uno scoop da un giorno. È il segnale di un nuovo standard: quando il profilo di un ospite porta con sé più rischi che opportunità, la tv generalista, soprattutto nel daytime, chiude la porta con discrezione e prosegue. I fatti principali sono tre e sono utili per chi guarda da casa: l’ex duchessa non siederà più sui divani di “This Morning” e “Loose Women”; il riaccendersi del caso Epstein — anche tramite la email del 2011 — ha riaperto un fronte reputazionale complicato; intorno a lei si è mossa anche la rete del non profit, con revoche e prese di distanza. Sullo sfondo, la riorganizzazione delle residenze di Windsor, con Royal Lodge al centro e Frogmore Cottage come soluzione per Andrea, completa il quadro.

Per il pubblico italiano la chiave è pratica: comprendere come e perché i broadcaster europei ragionano sulle proprie scelte. Non c’è un tribunale, non c’è una sentenza, c’è una valutazione editoriale che incrocia reputazione, palinsesto e pubblicità. In quell’incrocio, oggi, Ferguson non trova più posto. Domani chissà. Ma la direzione, ora, è impressa a chiare lettere.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: ANSASky TG24Vanity FairTGCOM24AdnkronosCorriere della Sera.

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