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Cosa ci lascia Ozzy Osbourne, l’eredità del “Prince of Darkness”

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migliaia di fan durante un concerto di Ozzy Osbourne

Ozzy Osbourne ci lascia un’eredità indelebile tra musica, cultura e ribellione: dalle origini dei Sabbath al cuore del metal moderno, fino al vuoto che resta.

Il 22 luglio 2025 si è chiusa una pagina enorme della storia della musica. Ozzy Osbourne, l’intramontabile “Prince of Darkness”, ci ha lasciati all’età di 76 anni, pochi giorni dopo il suo ultimo concerto con i Black Sabbath. No, non era il primo addio — chi lo segue lo sa. Ma questo è diverso. Perché Ozzy non è mai stato “solo” un cantante. Era una leggenda vivente, il cuore pulsante di un movimento che ha trasformato per sempre il volto del rock.

Il suo impatto? Lo senti ancora oggi, nei riff delle band moderne, nei poster appesi nelle camerette, nei vinili graffiati che girano ancora nelle radio underground. Ozzy è stato una rivoluzione. E adesso che se n’è andato, ci chiediamo: cosa ci resta?

La rivoluzione: dai pub inglesi all’heavy metal globale

Dove tutto è cominciato: Birmingham 1970

Tutto esplose nei primi anni Settanta. Black Sabbath usciva con l’album omonimo nel 1970 e qualcosa cambiò per sempre. Le chitarre erano scure, lente, opprimenti. I testi parlavano di guerra, paranoia, dannazione. Era qualcosa di mai sentito. “Paranoid”, “War Pigs”, “Iron Man”: canzoni che oggi sono scolpite nella storia, ma che all’epoca erano pura rottura con ogni regola musicale nota.

La voce di Ozzy — sporca, urgente, quasi straziante — si incastrava perfettamente in quel suono. Non era solo voce. Era un’anima che urlava. Il metal non esisteva ancora come genere definito. Ma grazie a Ozzy e ai Sabbath, prese vita e forma. E non se ne è più andato.

Da solista alla consacrazione: Ozzy superstar

L’addio ai Sabbath e la rinascita in solitaria

Nel 1979, dopo litigi, abusi e incomprensioni, Ozzy lasciò la band. O forse fu cacciato, dipende da chi lo racconta. Ma invece di sparire, è rinato. “Blizzard of Ozz”, il suo primo disco da solista (1980), è oggi considerato un classico assoluto. “Crazy Train” è entrato nel DNA del rock, uno di quei pezzi che anche se non conosci il titolo, lo riconosci dopo due note.

E poi ci sono “Mr. Crowley”, “Suicide Solution”, “No More Tears”. Non sono solo canzoni. Sono pezzi di storia, ascoltati ancora oggi da milioni di persone. Su Spotify, “Crazy Train” ha superato i 500 milioni di stream. Non male per uno che tutti davano per spacciato.

Ozzy ha dimostrato che la rinascita è possibile, che puoi cadere e tornare in piedi. Più pazzo, forse. Ma anche più potente.

Una rockstar in TV: quando Ozzy entra nei salotti

The Osbournes: la famiglia più improbabile della TV

Negli anni Duemila, mentre tanti colleghi sparivano dai radar, Ozzy entrava nelle case degli americani. Letteralmente. “The Osbournes”, il reality su MTV, mostrava il dietro le quinte di una famiglia surreale, tra urla, cani, battute incomprensibili e affetto autentico.

E Ozzy era… Ozzy. Confuso, esilarante, tenero. La leggenda diventava umana. Non c’era più solo il demone del palco, ma un padre imperfetto, un marito stanco, uno che non trovava il telecomando.

È anche così che ha conquistato una nuova generazione, che non sapeva nemmeno chi fossero i Black Sabbath. Ma conosceva il vecchietto col pipistrello tatuato sul petto.

Ozzfest: il palco dei nuovi mostri sacri

Nel 1996, Ozzy e sua moglie Sharon hanno ideato l’Ozzfest, un festival itinerante che ha fatto scuola. Slipknot, System of a Down, Lamb of God: tante band oggi leggendarie sono passate di lì. Era un palco per chi aveva fame, per chi voleva suonare sporco e forte, davanti a folle vere.

Dal 1996 al 2005 ha generato oltre 170 milioni di dollari, ospitando milioni di spettatori in tutto il mondo. Ozzy non dava solo spazio alla musica. L’ha nutrita, cresciuta, protetta.

I tributi: quando l’intero mondo del rock si ferma

Un’onda di affetto planetaria

Alla notizia della sua morte, il web si è riempito di messaggi. Metallica ha scritto che “niente sarebbe esistito senza lui”. Elton John lo ha definito “un uomo dalla risata indimenticabile”. Yungblud, tra le nuove leve, ha pubblicato una foto in lacrime. Pearl Jam, Nirvana, Iron Maiden, Dave Grohl… tutti hanno raccontato aneddoti, storie, grazie sinceri.

E poi i fan. Migliaia di raduni spontanei, da Birmingham a Buenos Aires. Murales, candele, cori. In un mondo veloce e spesso superficiale, Ozzy ha lasciato un’impronta profonda. Quella che non si cancella.

L’eredità viva nei cuori delle nuove generazioni

I ragazzi lo amano ancora. Forse anche più di prima

Nonostante la distanza anagrafica, Ozzy non è mai invecchiato davvero. Su TikTok gira ovunque. I meme su di lui sono infiniti. Su Instagram, il suo stile viene replicato da influencer dark. E le scuole di musica lo usano per spiegare come si costruisce un riff memorabile.

Nei piccoli club, sui palchi alternativi, tra i tutorial di batteria e le playlist Spotify, Ozzy è ovunque. Non è solo nostalgia. È che ha ancora senso. È ancora utile, ancora potente. Ed è raro, rarissimo, che una leggenda resti viva così a lungo nel presente.

Chi può raccogliere il testimone?

C’è un erede? Forse no. Ma non è un problema

Domanda da un milione: chi sarà il prossimo Ozzy? La risposta più onesta è semplice: nessuno. Nessuno ha quella voce, quell’ironia, quella follia. Nessuno ha saputo essere teatrale senza risultare falso, distruttivo ma anche tenero.

E forse va bene così. L’eredità di Ozzy non va raccolta, va respirata. È nei piccoli dettagli. Nei riff che graffiano, nei testi che parlano di mostri interiori, nei palchi dove si può ancora urlare senza vergogna.

C’è chi dice che il metal, senza di lui, sarà più tecnico. Più pulito. Più razionale. Ma anche, inevitabilmente, un po’ più vuoto.

Un vuoto pieno di suono

La verità è che Ozzy ci manca già. Non solo per quello che ha fatto. Ma per quello che rappresentava. Una libertà totale, una vita fuori dai binari, un’arte che non chiedeva il permesso.

Ci ha insegnato a osare, a non essere perfetti, a cantare anche quando la voce trema. Ci lascia tutto questo. E allora, mentre le note di “Iron Man” o “No More Tears” risuonano ancora, sappiamo che non se n’è mai andato davvero. È lì, nell’oscurità che ci protegge, nel metal che vibra dentro.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: RockolRolling Stone Italiala Repubblica – MusicaCorriere della Sera – Spettacoli.

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