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Chi ha inventato il gelato? Breve storia del dolce piú amato

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un cono gelato di colore rosa

Un affascinante racconto sulle radici del gelato, dai sovrani antichi alle innovazioni artigianali: scopri como nacque il re dei dessert.

Il gelato è una di quelle cose che sembrano esistere da sempre. Come il pane, o il vino. Non ci chiediamo quasi mai da dove arrivi, chi l’abbia pensato per primo, né come abbia fatto a diventare quello che è oggi: un piacere globale, trasversale, quotidiano. Eppure, dietro ogni cucchiaiata di pistacchio o di stracciatella, dietro ogni cono che cola al sole o coppetta presa al volo mentre si cammina, c’è una storia. Anzi: c’è una matassa di storie, culture, esperimenti. E un bel po’ di neve.

La domanda è legittima: chi ha inventato il gelato? La risposta, però, è tutt’altro che netta.

Dalla neve al sorbetto: quando il freddo era una conquista

Le prime tracce in Asia, Persia e dintorni

Molto prima che esistessero frigoriferi, vetrine refrigerate o banchi a pozzetto, l’idea di raffreddare qualcosa di buono – una bevanda, una crema, un infuso – era già un’ossessione. In Cina, tremila anni fa, si congelavano miscele di latte, riso e spezie usando recipienti immersi nella neve. Non era ancora “gelato”, ma ci si stava avvicinando.

In Persia, invece, attorno al 500 a.C., si gustava qualcosa di simile allo sharbat: ghiaccio mescolato con frutta o miele. Una bevanda, sì, ma rinfrescante e profumata. La cosa incredibile? Il ghiaccio veniva conservato in strutture sotterranee chiamate yakhchal. Non avevano la corrente, ma riuscivano comunque a mantenere basse temperature anche sotto il sole cocente. Non male per l’epoca, davvero.

Da Cleopatra a Nerone: il ghiaccio era un lusso

C’è chi dice – e chissà se è vero – che Cleopatra offrisse bevande fredde ai suoi ospiti più importanti, e che persino re Salomone amasse dissetarsi con infusi ghiacciati. Ma il più famoso, nella storia romana, resta Nerone.

Lui mandava a prendere neve dalle montagne, la faceva mescolare con miele e frutta. Un capriccio imperiale, certo, ma anche un’idea geniale. La cosa buffa è che – e lo dico per esperienza personale – assaggiando una di queste ricette in una rievocazione storica vicino Tivoli, sembrava davvero un gelato primitivo. Meno dolce, più “grezzo”, ma pur sempre qualcosa che ti fa chiudere gli occhi per un secondo.

La svolta di Firenze: il gelato che profumava di Rinascimento

Buontalenti e i Medici: l’arte incontra la panna

Siamo nel Cinquecento. A Firenze. Una città che in quel momento aveva più geni al metro quadrato di qualsiasi altro posto in Europa. Tra architetti, cuochi, scenografi e inventori c’era anche Bernardo Buontalenti. Sì, proprio lui: quello che progettava fortificazioni, ma anche feste per i Medici.

Nel 1565, durante una celebrazione importante a corte, Buontalenti prepara un dolce freddo con latte, panna, miele, uova e un pizzico di sale. Poi lo fa raffreddare usando una miscela di ghiaccio e salnitro. Il risultato? Una crema fredda, vellutata, delicata. Qualcosa che si avvicina parecchio a ciò che oggi chiamiamo gelato.

Molti lo considerano il primo vero gelataio. Altri dicono che abbia solo perfezionato un’idea già in circolo. Ma una cosa è certa: a Firenze, ancora oggi, puoi ordinare il gusto “Buontalenti”. E sentirti parte della storia, un cucchiaino alla volta.

Procopio dei Coltelli: il siciliano che cambiò tutto

Un palermitano a Parigi: nasce il Café Procope

Un altro nome chiave è Francesco Procopio Cutò, meglio noto come Procopio dei Coltelli. Nato a Palermo nel Seicento, figlio di pescatori, eredita dal nonno una specie di macchina rudimentale per fare sorbetti. E cosa fa? Se ne va a Parigi, con quell’attrezzo sotto braccio e un’idea in testa.

Nel 1686 apre il Café Procope, un locale che avrebbe fatto storia. Inizia con granite e sorbetti, ma col tempo affina la sua ricetta, migliora la tecnica, aggiunge cremosità. Serve gelati veri, come li intendiamo oggi. E li serve a personaggi come Voltaire, Rousseau, Napoleone. Gente che magari stava discutendo di filosofia e rivoluzioni, ma intanto affondava il cucchiaino nella crema.

Non solo gelati: nasce una professione

Procopio non era solo un abile cuoco. Era un imprenditore, uno con la visione. Ottenne una licenza reale per vendere gelati, curò l’estetica del suo locale, trasformò un piacere aristocratico in un’abitudine urbana. Creò il mestiere di gelataio, come lo intendiamo oggi.

In pratica, fu il primo a capire che il gelato poteva essere popolare senza perdere fascino. Un po’ come certi designer che portano l’haute couture nei supermercati. Avanguardia, con la panna.

La rivoluzione del freddo: da casalingo a industriale

La gelatiera a manovella: il cucchiaio democratico

Nel 1843, Nancy Johnson, una donna americana, brevetta una gelatiera a manovella. Roba semplice: bastava girare, aggiungere gli ingredienti, aspettare. Ma il concetto era potente: fare il gelato in casa, senza ghiacciaie né maghi della corte.

Un mio vicino, classe ’38, ricorda che da ragazzino, in Liguria, una zia ne aveva una. Faceva un rumore tremendo, sembrava un frullatore rotto, ma produceva un gelato “che sapeva davvero di latte”. Ogni domenica, dice, era un piccolo miracolo.

Il cono, lo stecco e la vaschetta: il gelato esce di casa

Il Novecento è il secolo del gelato per tutti. A Torino, nel 1939, l’azienda Pepino lancia il Pinguino: il primo gelato su stecco ricoperto di cioccolato. Una genialata. Comodo, goloso, portatile.

Negli Stati Uniti, già negli anni Venti, c’era l’Eskimo Pie. E poi? I coni preconfezionati, le vaschette da supermercato, i camioncini per strada. Il gelato diventa prodotto di massa, icona pop, rituale dell’estate.

Certo, non tutti ci stanno. Mio padre, per esempio, ha sempre snobbato i gelati confezionati. “Troppa aria, troppa roba dentro, non sa di niente”, dice. E quando lo porto dal suo gelataio di fiducia, a Trastevere, è come vedere un bambino al luna park. A ogni età, il suo gelato.

Il presente è vario, e anche un po’ pazzo

Dalla crema al gorgonzola: tutto fa gelato

Oggi troviamo gusti impensabili. Gelato al basilico. Al parmigiano. All’aceto balsamico. In Giappone l’ho assaggiato al wasabi. Non sto scherzando: piccante e dolce insieme, un’esperienza straniante.

Eppure, nonostante tutte queste sperimentazioni, torniamo sempre lì: vaniglia, nocciola, cioccolato, fragola. I gusti dell’infanzia. Quelli che conosciamo a memoria. Che non deludono mai.

C’è anche il gelato vegano, quello proteico, quello senza zucchero. E il gelato gastronomico, da abbinare ai piatti salati. Ma resta sempre una costante: il piacere freddo che si scioglie lento in bocca.

Un’identità tutta italiana (ma globale)

In Italia, il gelato è una cosa seria. Esistono scuole professionali per gelatieri, concorsi internazionali, regolamenti stringenti. A Bologna c’è persino il Gelato Museum, dentro la sede della Carpigiani. È un posto dove entri e ti rendi conto di quanto sia profonda questa cultura.

E all’estero? L’Italia è vista come la patria del gelato artigianale. Un marchio, quasi. In molte città del mondo – da New York a Tokyo – le gelaterie “alla italiana” spuntano ovunque. Non sempre sono autentiche, ma l’idea funziona.

Il gelato non è un’invenzione. È una storia d’amore

Dire “chi ha inventato il gelato” è come cercare il primo che ha cantato sotto la doccia. Forse c’è stato un primo gesto, un primo tentativo. Ma poi tutto è cambiato, evoluto, contaminato. Il gelato è figlio di mille padri, di secoli di prove, errori, intuizioni, passioni.

È un prodotto che unisce. Che racconta chi siamo. Che sa essere popolare e raffinato, artigianale e industriale, nostalgico e futurista. Ogni volta che scegliamo un gusto, in fondo, stiamo scrivendo un pezzetto nuovo di questa lunga storia.

Ecco perché, alla fine, il gelato non ha un solo inventore. Li abbiamo inventati tutti noi. Uno alla volta. A ogni estate. A ogni cucchiaiata.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: WikipediaBernardo BuontalentiCon‑GelatoFocus.it.

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