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Che succede se il proprietario muore prima dell’usufruttuario

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signora lavora su documenti accanto a finestra

Quando l’usufruttuario sopravvive al proprietario, la casa resta bloccata. Ecco cosa succede davvero tra diritti, tasse e successioni.

Non è una domanda da avvocati. O, almeno, non solo. Perché prima di essere un problema legale, è una questione di famiglie, di eredità, di case piene di ricordi e di nodi mai sciolti. Succede spesso, più spesso di quanto si pensi. Una persona muore — magari il padre, o la madre, o il compagno di una vita — e dietro lascia un bene immobiliare con un regime giuridico che, francamente, nessuno in casa aveva voglia di approfondire prima. Perché si pensa sempre che certe cose si risolveranno da sole. Che basterà un giro dal notaio. Che non ci saranno conflitti.

Poi però accade. E la domanda arriva secca, diretta, con un tono quasi seccato: “Ma adesso che lui non c’è più… la casa a chi va?”

Cosa significa, davvero, avere l’usufrutto

L’usufrutto non è solo un concetto da manuale di diritto. È qualcosa che incide sulla vita reale. Uno può avere l’usufrutto su un appartamento e viverci per vent’anni, mentre qualcun altro — magari un figlio, un nipote, un ex socio — è proprietario sulla carta ma non può farci nulla. È come essere il padrone di casa, ma senza le chiavi. E per quanto suoni assurdo, funziona così. Perché il diritto di usufrutto è forte, reale, protetto dalla legge.

Chi ha l’usufrutto può abitarci, può affittarlo, può lasciarlo anche vuoto se vuole. In certi casi, può persino modificarlo, finché non snatura il bene. Ma non lo può vendere. Quello no. Anche perché il proprietario vero resta un altro: il nudo proprietario. Nudo, nel senso che ha sì la proprietà, ma senza poterne godere. Un po’ come avere un’auto nel garage di qualcun altro, senza telecomando né permesso di guida.

E finché l’usufruttuario è vivo — o finché dura il termine stabilito — nessuno può toccare quel bene.

E se il nudo proprietario muore prima dell’usufruttuario?

Qui si apre il nodo più grosso. Perché è un’ipotesi che, strano ma vero, la gente considera raramente. Tutti si preparano al contrario: alla morte dell’usufruttuario, che libera il bene e lo restituisce “intero” al nudo proprietario. Ma se a morire è proprio quest’ultimo? Se il nudo proprietario — magari un figlio giovane, magari qualcuno che neanche sapeva di avere quella nuda proprietà — viene a mancare?

Succede che la nuda proprietà passa agli eredi. Punto. Il bene resta gravato dal vincolo dell’usufrutto, ma cambia la titolarità. Il nuovo nudo proprietario eredita esattamente quel diritto lì, con tutti i limiti. Che vuol dire, in sostanza: nessuna possibilità di godere del bene finché l’usufruttuario è in vita.

È come ereditare una casa, ma solo per metà. Anzi, una parte ancora meno visibile: quella che non puoi usare, non puoi arredare, non puoi neppure affittare. E per metterci mano, serve un miracolo. O una rinuncia, o una trattativa.

Cosa può (e non può) fare chi eredita la nuda proprietà

Molti ci rimangono male. Pensavano che bastasse un decesso per ottenere le chiavi. Ma non funziona così. Chi eredita la nuda proprietà può solo attendere la fine dell’usufrutto. Non ha diritto di entrare, né di sfrattare, né di vendere il bene con piena disponibilità.

Certo, la nuda proprietà si può vendere, in teoria. Ma nella pratica? È dura. Perché chi la compra, lo fa a un prezzo fortemente ribassato. Perché non può usare l’immobile subito. E magari non lo userà per anni. O mai, se nel frattempo muore anche lui. Non è un investimento che attira molti.

E allora, spesso, si resta fermi. Con una casa che non si può toccare, un usufruttuario che magari ha diritto di restare lì a vita, e degli eredi che vorrebbero ma non possono. O non sanno come fare.

Le tasse, ahimè, arrivano per tutti

Chi paga le tasse in questa situazione? Dipende. Ma quasi sempre l’IMU e le imposte legate al possesso ricadono sul nudo proprietario. Che magari non ha nemmeno mai visto quella casa. Che magari vive all’estero, o che ha perso il lavoro. Ma le tasse no, quelle non aspettano. Arrivano, ogni anno, puntuali. A volte con sanzioni. A volte con la beffa di dover pagare per qualcosa che nemmeno si può usare.

Il resto — le spese di condominio, di manutenzione ordinaria, l’eventuale gestione degli inquilini — resta invece all’usufruttuario. Ma non è sempre così chiaro. Le liti si accendono proprio qui, sulle piccole spese. Chi rifà il tetto? Chi paga la nuova caldaia? Chi si occupa del contatore della luce, se è intestato al defunto?

E allora, si finisce spesso in tribunale. O peggio: ci si smette di parlare. Fratelli, sorelle, cognati. Ognuno con la sua verità, e con l’idea che “la legge stia dalla mia parte”. Peccato che la legge sia scritta, ma la vita reale è un’altra cosa.

Situazioni reali, molto più frequenti di quanto si pensi

C’è la storia di Laura, 72 anni, vedova da poco, che vive ancora nella casa intestata al marito, con usufrutto vitalizio. Il marito aveva lasciato la nuda proprietà ai figli, ma uno di loro, purtroppo, è morto. Il nipote — ventenne, studente a Roma — ora è formalmente nudo proprietario insieme allo zio. Ma quella casa, per lui, è solo una riga su un atto notarile. Nulla più.

Oppure c’è il caso di Giovanni, che ha ereditato la nuda proprietà di un appartamento affittato. Ma l’affitto lo incassa l’usufruttuario, cioè la seconda moglie del padre. Giovanni ci ha provato, ha chiesto spiegazioni, ha detto: “Ma è mio!” — e lei, con calma, gli ha risposto: “Sì. Ma finché campo, comando io”. E ha ragione lei.

Succede, davvero. E non solo nei racconti.

Si può uscire da questo stallo?

Qualche volta sì. Se c’è buon senso. Se le parti si parlano. Se si trovano accordi. Ad esempio, l’usufruttuario può rinunciare al suo diritto, magari in cambio di una somma. O si può prevedere una durata limitata dell’usufrutto, al momento della costituzione. Ma queste cose vanno decise prima, con calma, quando ancora si ragiona.

Dopo, quando la gente è già stanca, ferita, arrabbiata, diventa tutto più difficile.

Serve un notaio bravo. Uno che sappia leggere le famiglie, prima ancora dei documenti. Che capisca le relazioni, i non detti, i rischi. Che aiuti a scrivere le cose nel modo giusto. Perché poi, quando le carte parlano da sole, è troppo tardi per aggiungere note a margine.

Il silenzio non aiuta, la pianificazione sì

C’è una frase che ho sentito spesso: “Ne parleremo più avanti”. È il mantra di chi non vuole affrontare le cose. Ma con le eredità, più avanti spesso non arriva mai. E ci si trova a risolvere questioni complesse nel momento peggiore, quando qualcuno è appena morto, quando si è sotto shock, quando i parenti non si sopportano.

Invece no. Bisognerebbe parlarne prima. Con calma. Anche se non è facile. Anche se ci si sente invadenti o brutali. Ma dire a un genitore: “Che succede alla casa se muori tu e mamma è ancora viva?” non è una mancanza di rispetto. È un atto d’amore. Perché aiuta tutti a vivere più sereni. A sapere. A non litigare dopo.

E allora, torniamo alla domanda da cui siamo partiti: che succede se il proprietario muore prima dell’usufruttuario? Succede che l’usufruttuario resta dov’è. Ma succede anche che qualcuno, là fuori, dovrà imparare in fretta cosa vuol dire essere proprietario senza poter toccare nulla. E forse, a quel punto, rimpiangerà di non aver fatto una chiacchierata in più, tanti anni prima.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: WikipediaAvvocato ZanettiCasa e CampagnaCatasto Semplice.

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