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Sinner ko, Djokovic vomita in campo: che succede a Shanghai?

L’aria del Qizhong Forest Sports City Arena, alla periferia sud-ovest di Shanghai, è spessa come una serra: umidità oltre l’80%, caldo reale attorno ai 30 °C, sensazione termica più alta. In questo contesto, Jannik Sinner ha alzato bandiera bianca per crampi alla coscia destra contro Tallon Griekspoor e Novak Djokovic ha vomitato in campo prima di chiudere in rimonta su Yannick Hanfmann. È successo domenica 5 ottobre 2025, con la sessione serale che non ha concesso tregua: condizioni afose, stabili, pervasive. La risposta secca all’intento dei lettori è questa: il torneo è stato trasformato dal clima, e l’umidità estrema sta alterando l’equilibrio competitivo, mettendo a nudo limiti fisiologici anche dei più preparati.
Non si tratta di singoli malesseri isolati. In giornate consecutive su campi duri che riflettono calore, il sudore non evapora ma scivola via, raffreddando poco. Il corpo sale di temperatura, il cuore accelera, la gestione degli elettroliti si complica, i tempi di recupero si allungano. Ecco perché a Shanghai si vedono strappi, richieste più frequenti ai fisioterapisti, magliette strizzate a ogni cambio e ice towels piazzate su collo e polsi come bendaggi d’emergenza. In questo scenario, il ritiro di Sinner per crampi e i conati di Djokovic non sono anomalie, ma spie di un torneo entrato nel territorio del calore umido estremo.
Un Masters 1000 dentro una cappa: che cosa è successo, dove e quando
Il Qizhong Forest Sports City Arena non è nuovo al caldo, ma l’edizione 2025 del Masters 1000 sta vivendo una sequenza di giornate saturate d’acqua. Domenica 5 ottobre, nella serata di Shanghai, Sinner si ferma nel terzo set contro Griekspoor dopo 2 ore e 36 minuti: era sotto 6-7 (3), 7-5, 3-2, limitato da crampi intensi alla coscia destra. Poco prima, sullo stesso tappeto di cemento, Djokovic aveva piegato Hanfmann 4-6, 7-5, 6-3 in quasi tre ore: in mezzo, il momento simbolo, il vomito durante un cambio campo, prima di riordinare le idee, accorciare gli scambi e trovare margine con esperienza da veterano. Chi ha accusato? I due volti più attesi. Dove? Sul cemento cinese del Qizhong e dei campi adiacenti. Quando? Nella giornata-spartiacque del 5 ottobre, con le ore calde che hanno lasciato una coda di afa in serata. Perché? Per la combinazione temperatura + umidità che rende inefficiente il sudore e logora le energie di gioco e recupero.
Lo stesso tabellone fotografa il contesto. Carlos Alcaraz si è sfilato alla vigilia per un problema alla caviglia, aprendo varchi tecnici e narrativi. Sinner, campione in carica e numero 2 ATP, si è ritrovato sulla parte sbagliata della curva fisiologica. Djokovic, quattro volte re di Shanghai, ha parlato senza giri di parole di condizioni “brutali”, evidenziando un dato dirimente: “umidità sopra l’80% giorno dopo giorno”. Le immagini di asciugamani ghiacciati, di polsi avvolti e di panchine bagnate sono la parte visibile di un carico invisibile, misurabile nella frequenza cardiaca e nella temperatura corporea che sale a ogni scambio prolungato.
Il fattore-umidità: perché qui è più pesante che altrove
Shanghai a ottobre non è il forno di luglio e agosto, ma resta umida. Sulle carte climatologiche, la media storica del mese si attesta tra il 70 e il 75% di umidità relativa; nei picchi della prima decade, quando l’alta pressione intrappola l’aria e i venti sono deboli, si può scivolare facilmente oltre l’80%, con massime intorno ai 30-31 °C nelle ore centrali. Per il tennis, non è tanto la temperatura in sé a fare la differenza, ma la quota d’acqua già presente nell’aria: più è alta, meno il sudore riesce a evaporare. E senza evaporazione, niente raffreddamento.
In termini fisiologici, il corpo prova a spingere più sangue verso la pelle per disperdere calore, ma i muscoli chiedono ossigeno per sostenere lo scambio; ne nasce un conflitto di priorità che si traduce in calo di potenza, tempi di recupero più lunghi, errori tecnici che spuntano quando la lucidità si accorcia. Il parametro sintetico che gli organizzatori e i medici consultano è la WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), un indice che incorpora temperatura, umidità, vento e radiazione solare. Sopra certi valori, molte federazioni e grandi eventi introducono pause obbligatorie, raffreddamento attivo e, in casi estremi, sospensione. Con umidità >80%, la WBGT cresce velocemente anche se il termometro non è estremo, soprattutto in giornata e su superfici dure che riflettono calore.
A Shanghai, la progettazione aiuta e non basta. Il Centrale ha tetto retrattile da anni, e nel 2025 anche il Grandstand Court 2 può chiudersi in pochi minuti. Sono soluzioni efficienti contro pioggia e vento, utili per stabilizzare temperatura e garantire continuità di gioco, ma non annullano l’umidità. Con il tetto chiuso scompare il sole diretto, ma l’aria resta satura. E molti match si disputano comunque all’aperto, dove il microclima può diventare oppressivo quando l’aria ristagna e le tribune limitano la circolazione.
Il tennis nell’afa: la cronaca tecnica di una giornata limite
La domenica di Shanghai si può raccontare attraverso ritmi e segnali. Sinner-Griekspoor si allunga oltre le due ore e mezza con scambi regolari, variazioni di ritmo e un terzo set che presenta la fattura: crampi alla coscia, segnale classico di fatica neuromuscolare e stress termico combinati. Dall’altra parte del complesso, Djokovic-Hanfmann è un case study di adattamento in corsa: il serbo accorcia la costruzione del punto, cerca prime di servizio più pesanti per limitare gli scambi lunghi, riduce le corse laterali in difesa scegliendo di prendere campo. Tra un cambio e l’altro, la scena che resterà: conati e vomito, la terapia d’urto dei ghiacci su collo e fronte, poi la gestione con colpi più diretti, timing migliorato sulla risposta e un ultimo parziale messo in banca d’esperienza.
Al bordo campo, i dettagli raccontano l’eccezionalità: maglie sostituite con cadenza più alta, pesi corporei controllati pre- e post-match per valutare la perdita di liquidi, soluzioni ad alto contenuto di sodio al posto di semplici sport drink, teli ghiacciati che diventano protesi tra punto e punto. I fisioterapisti entrano più spesso per trattare indurimenti muscolari e crampi, mentre gli arbitri modulano i tempi tra un game e l’altro senza snaturare il regolamento ma dando respiro quando possibile.
Crampi, nausea, calo di lucidità: cosa succede nel corpo
La scienza non riduce i crampi a una sola causa. A fianco della classica ipotesi di deplezione elettrolitica (soprattutto sodio), si sommano fattori neuromuscolari: con il calore, i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi cambiano la soglia di attivazione, la coordinazione si inceppa, il muscolo scarica in modo disordinato. In parallelo, la disidratazione riduce il volume plasmatico, aumenta la frequenza cardiaca a parità di sforzo, la pressocettività è più stressata e la percezione della fatica sale. Il vomito, nei casi più severi, è segnale di distress gastrointestinale: con sangue deviato alla pelle per dissipare calore, l’apparato digerente rallenta; se il match è prolungato e le condizioni sono oppressive, l’intestino protesta. Non è un caso che i team preparino mix personalizzati per l’idratazione, integrando sali e, talvolta, carboidrati a rilascio graduale per evitare picchi e down glicemici.
Il risultato pratico, sul campo, è un gioco più dispendioso. Sul cemento, la palla schizza e rimbalza alto; in umidità profonda la corda perde un filo di reattività e palline più pesanti dopo pochi game aumentano il carico sull’avambraccio. Gli scambi si accorciano per scelta, ma quando si allungano si paga doppio. Ecco perché la sessione diurna è diventata una trappola fisica, ma perfino la serale non perdona: con aria saturata, il calore non scappa.
Regole, metriche e responsabilità: che cosa prevede il tennis per il caldo
Il tennis ha imparato molto negli ultimi anni su calore e umidità. Le grandi manifestazioni regolano la gestione del rischio con linee guida che si basano su WBGT e stress termico. La logica è comune: monitoraggio costante dei parametri, pause quando l’indice supera soglie stabilite, raffreddamento attivo (docce fredde, ghiaccio, pre-cooling con gilet refrigeranti prima di scendere in campo), ice bath post-gara nelle sedi che lo permettono. Le sospensioni sono l’ultima ratio quando la WBGT supera un certo limite. Il quadro ATP combina raccomandazioni del circuito e implementazione operativa delegata ai tornei, che adattano protocolli e servizi medici al contesto locale. In pratica: ogni evento pianifica acqua, ghiaccio, zone d’ombra, ventilazione nelle aree comuni, massaggiatori e medici pronti a intervenire, con margini per pause extra se l’indice termico impone prudenza.
Shanghai ha fatto un passo avanti infrastrutturale nel 2025 con l’aggiunta del tetto retrattile anche sul Grandstand Court 2: scelta che riduce la variabilità meteo e protegge da pioggia intensa o sole diretto. Resta il nodo umidità: un palazzetto chiuso abbassa vento e radiazione ma, senza un sistema di deumidificazione aggressivo, l’aria continua a essere bagnata. E la maggior parte delle partite del programma esteso a 12 giorni con tabellone a 96 si gioca comunque all’aperto, distribuendo i match su più campi esposti.
Cosa può cambiare già domani (senza stravolgere il torneo)
C’è una scala di interventi che un torneo può adottare in corsa, senza riscrivere il format. Riprogrammare alcune partite nelle ore meno umide, spostando il peso dalla day session alla night session, è un primo passaggio. Allungare le pause a metà partita nei picchi di WBGT consente raffreddamento reale, soprattutto se accompagnato da docce fredde a bordo-campo. Un cambio più frequente delle palline evita l’effetto “spugna” e riduce il lavoro sull’avambraccio. Aumentare i punti acqua e le stazioni ghiaccio nelle zone di servizio, anche sui campi periferici, porta equità tra i match di cartello e quelli “in provincia” del complesso. Infine, una comunicazione meteo trasparente con bollettini WBGT diffusi ai giocatori prima dell’inizio delle sessioni aiuta coach e staff a ritagliare il piano di gara e di integrazione.
Sinner e Djokovic, due cartoline dallo stesso problema
Le immagini di Sinner e Djokovic sono due cartoline che arrivano dalla stessa criticità. L’altoatesino non è uno che molla: chi conosce il suo team sa quanto siano meticolosi nella pianificazione di idratazione, alimentazione e recupero. Se si blocca per crampi nel decisivo, significa che il margine concesso dal clima era finito. Al tempo stesso, Djokovic, uno che ha costruito la sua longevità su routine di recupero e gestione dei carichi, vomita e vince: due fatti che raccontano la capacità di riconfigurarsi in corsa, ma anche quanto il limite fosse a un passo.
Per entrambi, Shanghai è cartina di tornasole in vista del finale di stagione. Sinner dovrà gestire carichi e tempi tra Cina ed Europa, calibrando caviglia e coscia, distribuendo gli sforzi nelle finestre meno gravose dal punto di vista ambientale. Djokovic ha già dimostrato di poter tirare il freno nei momenti giusti e riaccendere quando conta, adattando la tattica ai parametri fisiologici. Ma il concetto chiave resta: qui decide soprattutto l’aria, non la strategia.
Dettagli che fanno la differenza in campo
Se si guarda dentro lo scambio, i pattern cambiano. Prime di servizio cercate con più margine, risposte che puntano a togliere subito l’iniziativa, back difensivi per respirare e rallentare il timing dell’avversario. Si rinuncia a traccianti ad alto rischio che costano ossigeno in caso di errore e si preferisce il controllo. Gli scambi oltre i 10 colpi diventano determinanti perché drenano energia e spesso decidono l’andamento del set: chi li vince, talvolta li paga nel game successivo; chi li perde, deve recuperare motivazione e fiato in fretta. Con umidità così alta, anche le corde e la palla si comportano in modo diverso: il feltro si appesantisce, il rimbalzo è meno vivo dal terzo game in avanti, e chi anticipa il cambio di sensazioni ha un micro-vantaggio.
Lezioni dalla scienza dell’esercizio: come si gestisce il caldo umido
La letteratura sull’heat stress è chiara: quando l’aria è satura, l’atleta deve modulare il carico e massimizzare i meccanismi di raffreddamento. Nel tennis, dove non ci sono time-out a chiamata come in altri sport, la gestione passa attraverso routine nei 30-90 secondi del cambio campo. Ice towels su collo, ascelle e inguine per colpire i poli di raffreddamento, sorsi regolari di bevanda isotonica ad alto contenuto di sali, risciacqui per mantenere la sensazione di freschezza orale (utile anche mentalmente), respirazione controllata per abbassare l’attivazione. Il pre-cooling (gilet refrigeranti, permanenza in area climatizzata prima di entrare) è diventato standard ai livelli più alti, così come la riconfigurazione tattica: tagliare un paio di colpi dallo scambio può valere quanto un break.
Tutto questo ha senso se supportato da pianificazione. In giornate come quelle di Shanghai, alcuni staff fissano target di introito liquidi per set, personalizzati sul tasso di sudorazione del giocatore, e curano la quota di sodio per evitare il calo di plasma e la comparsa di crampi. Si usano tre termo-borracce separate (acqua, isotonic, mix più concentrato) per dosare senza abusi. Il peso alla fine del match è un riscontro semplice e potente: ogni chilo perso è litri di sudore evaporato o gocciolato via, e la ricarica va organizzata per le 24 ore successive.
Organizzazione e sicurezza: una questione anche di programmazione
Un torneo moderno non può ignorare la sicurezza in un contesto di variabilità climatica sempre più marcata. La programmazione incide. Se troppi match della day session finiscono nel pieno dell’afa, aumenta il rischio di malesseri diffusi e calano la qualità tecnica e lo spettacolo. Una ripartizione più equilibrata, con la notte che assorbe una quota maggiore dei match più lunghi, darebbe respiro agli atleti e ridurrebbe il carico sanitario. Il comunicato giornaliero con indice WBGT e linee guida operative consegnate a giocatori, allenatori e media farebbe pure trasparenza, evitando polemiche ricorrenti su pause e medical time-out.
L’infrastruttura di Shanghai sta crescendo: il tetto sul Court 2 amplia i margini. Il passo successivo, per davvero, riguarda l’aria: deumidificazione, ventilazione intelligente, aree di refrigerazione diffuse anche nei corridoi dei campi secondari. In un calendario ATP che ha allargato le finestre asiatiche, pianificare gli eventi tenendo conto della finestra climatica locale, con margini per recuperi o spostamenti di orario, è un investimento non solo sportivo ma sanitario.
Il pubblico e la televisione: interessi da bilanciare
C’è anche la variabile spettatori e diritti TV. La day session è centrale per presenze e ricavi; la night session parla bene ai mercati europei. L’equilibrio sta nel non sacrificare la salute dei protagonisti sull’altare dei palinsesti. Eventi che hanno introdotto “heat breaks” strutturati hanno ottenuto benefici misurabili: match più puliti, meno interruzioni mediche improvvise, narrazione sportiva più coerente. Shanghai ha già mostrato elasticità nell’ultimo biennio: spingere su pianificazione e servizi è la naturale evoluzione.
Come si vince (o si perde) nell’afa: tattica, testa, dettagli
Nel tennis d’élite, passare dall’idea di gioco al piano di sopravvivenza è un atto di maturità. Djokovic lo ha fatto in corsa contro Hanfmann: meno rally a campo aperto, più prime in sicurezza, risposta corta per togliere tempo. Griekspoor, nel match con Sinner, ha scelto la via della compattezza: ritmo medio che pesa nel tempo, poche variazioni rischiose, gesto pulito. Nelle condizioni viste a Shanghai, vincono quelli che leggono l’aria oltre la palla: chi diluisce lo sforzo, chi risparmia energia nelle fasi neutre, chi usa il cambio campo come una mini-stazione di pronto soccorso.
La testa pesa più del solito. Nausea e crampi non sono solo fatti fisici: intaccano decision making e fiducia. Un colpo che ieri si giocava a occhi chiusi, oggi richiede un battito in più; quell’attimo, a questo livello, decide. Per questo i giocatori esperti si affidano a routine cortissime: gesto fisso con l’asciugamano, respiro profondo prima della risposta, autoverbalizzazione a bassa voce per ricentrare focus e ritmo.
Shanghai non è un’eccezione: il contesto più ampio del tennis nel caldo
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai misurato in Cina e Shanghai ha stabilito il suo record climatico storico su base annua. L’autunno 2025, pur lontano dagli estremi estivi, sta mostrando giornate tropicali che finiscono incollate addosso ai giocatori. Il circuito maschile ha già vissuto casi limite negli ultimi mesi, con discussioni su heat rule, WBGT e sospensioni temporanee in altri tornei. La tendenza non promette di invertire rotta a breve. Per questo, programmare non è più solo questione di tabelloni e teste di serie: è ingegneria dell’ambiente.
Non è allarmismo: è realismo operativo. Il tennis dispone di strumenti per convivere con le ondate di caldo umido: sensori, protocolli, formazione per staff e arbitri, flessibilità oraria. Ma serve anche una cultura condivisa che metta sullo stesso piano spettacolo e salute. Quando si arriva a vedere un n. 2 che si ferma per crampi e un 24 volte campione Slam che vomita tra un game e l’altro, il messaggio è loud and clear: il clima è un avversario reale, non un contorno.
Il filo rosso della giornata: dati, percezioni, conseguenze
Tiriamo il filo. Domenica 5 ottobre 2025, a Shanghai, si è giocato dentro una bolla di umidità. Sinner era avanti per energia di gioco ma il corpo gli ha presentato il conto sul più bello. Djokovic è passato attraverso un malessere evidente e ha vinto riassettando tattica e intensità. Altri match hanno mostrato petali dello stesso fiore: cali improvvisi, massaggi rapidi ai polpacci, respiro affannato nei rally lunghi. La risposta organizzativa c’è, ma può essere spinta: più night session nei picchi di umidità, break strutturati quando la WBGT lo impone, servizi medici distribuiti in modo capillare.
Intanto, per chi guarda al risultato, l’uscita di Sinner e la marcia a strattoni di Djokovic rimescolano il torneo. In una settimana in cui anche i favoriti fanno i conti con l’aria, gli outsider che gestiscono il metabolismo e leggono meglio il contesto trovano spazio. È la forma più moderna di opportunità: saper giocare anche contro il clima.
Shanghai, prova generale del tennis che verrà
Il Masters 1000 di Shanghai 2025 ci restituisce un’immagine nitida: l’umidità estrema può riscrivere l’andamento di un torneo tanto quanto una condizione fisica precaria o una giornata no al servizio. Sinner ko per crampi e Djokovic costretto a vomitare in campo non sono due titoli shock, ma due conseguenze di una stessa pressione ambientale. In risposta, i tornei che vogliono restare esemplari devono fare tre cose in fretta: misurare con continuità (WBGT, bollettini, trasparenza), adattare in modo elastico (più night session, pause codificate, risorse mediche diffuse), comunicare con chiarezza a giocatori e pubblico.
Il resto lo farà la qualità dei protagonisti, che il campo di Shanghai ha confermato enorme anche nella sopravvivenza agonistica. Qui si è capito, ancora una volta, che il tennis d’élite non è solo tecnica e tattica: è gestione dell’ambiente. E quando l’ambiente è una cappa al 80-90%, chi sa raffreddare la partita prima ancora del braccio è già un passo avanti.
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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: La Gazzetta dello Sport, Corriere della Sera, Corriere dello Sport, ANSA, Sky Sport, la Repubblica.

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