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Lorenzo Bonicelli in coma: quanto è sicura la ginnastica artistica?

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mani di un atleta sugli anelli della ginnastica

Lorenzo Bonicelli in coma dopo una caduta agli anelli alle Universiadi di Essen. Dati, statistiche e riflessioni sulla sicurezza nella ginnastica artistica.

Non si è ancora spento l’eco della caduta di Lorenzo Bonicelli, e con lui si è fermato il respiro di tutto il movimento sportivo italiano. In una Germania che avrebbe dovuto raccontare solo la bellezza della competizione universitaria, un attimo ha stravolto il corso degli eventi e riscritto le priorità.

Bonicelli, ventitré anni, talento già maturo della ginnastica artistica, si trova ora in coma farmacologico dopo essere precipitato dagli anelli alle Universiadi di Essen.

L’intera squadra azzurra è stata ritirata, un gesto che parla da solo sulla gravità della situazione e sul rispetto che il gruppo ha voluto riservare a un compagno che lotta tra la vita e la voglia di tornare a sentire il profumo di una palestra.

Un dramma che scuote oltre la cronaca

Chiunque abbia messo piede almeno una volta in una palestra di ginnastica conosce quel silenzio improvviso che cala quando accade qualcosa di serio, una sospensione che non è solo paura ma anche rispetto.

Il corpo umano, in questo sport, diventa uno strumento capace di cose straordinarie ma resta, nella sua fragilità, sempre esposto a un rischio che non può essere cancellato. I dati, spesso ignorati nel racconto di successi e medaglie, dicono che in Italia ogni anno tra i 3.800 e i 4.500 atleti finiscono in pronto soccorso a causa di infortuni legati alla ginnastica, con una percentuale di traumi gravi che può arrivare fino al 12%.

E se allarghiamo lo sguardo, vediamo che negli Stati Uniti gli accessi per infortuni da ginnastica superano le 86.000 unità l’anno tra i più giovani, una cifra che racconta senza retorica quanto la sicurezza sia una conquista da rinnovare ogni stagione.

La tensione costante tra perfezione e pericolo

Gli anelli, la sbarra, la trave e il volteggio sono per molti adolescenti strumenti di libertà, ma chi ha visto da vicino una caduta sa quanto possano essere anche la soglia di una paura che rimane dentro. In Italia, secondo i dati ufficiali, il 18% degli incidenti in palestra riguarda cadute da attrezzi e nel 5% dei casi serve un intervento chirurgico immediato.

Non si tratta solo di numeri ma di storie, di famiglie che vivono l’attesa fuori da una sala operatoria, di allenatori che ripassano ogni dettaglio per capire dove si poteva forse fare qualcosa in più.

Gli infortuni più gravi colpiscono polsi, caviglie, ginocchia, la colonna, la testa. Non è un caso che le statistiche europee più recenti ci ricordino che nelle competizioni di alto livello il rischio di lesioni gravi è superiore al 20% negli uomini e al 16% nelle donne.

Anelli, attrezzi e confronto con altri sport: dove si rischia di più

Quando si parla di anelli, si parla di una delle discipline più spettacolari ma anche più tecniche e rischiose della ginnastica artistica. Gli anelli richiedono un enorme controllo della forza, equilibrio e precisione, ma basta un piccolo errore – nella presa, nella spinta, nell’atterraggio – perché il rischio diventi concreto.

Secondo una recente indagine della Federazione Internazionale di Ginnastica, gli anelli e la sbarra sono tra gli attrezzi che registrano il più alto tasso di traumi alla colonna e agli arti superiori. Nel 2023, il 27% delle lesioni gravi nella ginnastica maschile in Italia è avvenuto proprio agli anelli, seguiti da sbarra (22%) e volteggio (15%).

Nella ginnastica artistica femminile, invece, gli incidenti più gravi si verificano alla trave e al corpo libero, spesso a causa di cadute durante atterraggi complessi.

Se allarghiamo il confronto agli altri sport, la ginnastica resta tra le discipline con il più alto tasso di infortuni gravi in proporzione ai praticanti, superata solo da rugby, motociclismo e sport di contatto, mentre discipline come nuoto e atletica leggera presentano tassi di infortunio sensibilmente più bassi.

Bambini e ragazzi: la sfida della sicurezza parte dai più giovani

Non va dimenticato che in Italia oltre il 60% dei tesserati alla Federazione Ginnastica sono bambini e adolescenti. Negli ultimi anni, la prevenzione degli infortuni è diventata prioritaria: le palestre sono sempre più dotate di materassi ad alta densità, sistemi di protezione, attrezzi certificati. Gli allenatori seguono corsi di aggiornamento costanti e la preparazione prevede oggi lunghi periodi di “avviamento tecnico”, nei quali il gesto acrobatico viene spezzato in esercizi più semplici, proprio per ridurre al minimo l’imprevisto.
Per i più piccoli, la priorità è l’educazione al movimento corretto e la capacità di saper cadere senza farsi male.

La Federazione Medico Sportiva Italiana suggerisce che il lavoro sulla propriocezione, l’equilibrio e la consapevolezza corporea inizi già dalla prima infanzia, così da rendere ogni esercizio più sicuro e ogni caduta meno pericolosa.

Anche le visite mediche sportive sono sempre più attente, soprattutto per chi inizia ad aumentare i carichi di lavoro agonistico: il controllo della colonna, la valutazione dell’apparato muscolare e la sorveglianza sul benessere psicologico sono strumenti preziosi per ridurre i rischi a lungo termine.

Bonicelli, il talento che accetta la paura

Lorenzo non era certo uno sprovveduto. A 23 anni aveva già conosciuto i dolori e le soddisfazioni della ginnastica, un percorso fatto di piccoli traguardi e ostacoli superati. Lui stesso, in una recente intervista, aveva ammesso che “ci alleniamo a cadere e a rialzarci, ma la paura, sotto sotto, resta sempre”.

E forse è proprio questa onestà, questa consapevolezza umana che avvicina gli atleti alla gente comune.

Ogni ragazzo e ogni ragazza che sale su una pedana porta con sé sogni, ambizioni, ma anche il rischio che qualcosa vada storto. Il margine di errore non si può eliminare, si può solo cercare di ridurlo, allenando non solo il fisico ma anche la testa e il sangue freddo nei momenti decisivi.

Cosa resta dopo la caduta

La storia di Bonicelli, adesso, impone al movimento sportivo italiano e internazionale una riflessione più ampia che riguarda non solo la sicurezza degli impianti o la preparazione degli allenatori, ma anche la cultura del rischio. La ginnastica artistica non è uno sport per tutti, perché insegna da subito che l’imprevisto fa parte del gioco e che il coraggio non è solo quello di chi si lancia in un triplo salto, ma anche di chi accetta la paura e si rialza ogni volta.

In Italia, se confrontiamo la ginnastica ad altri sport, vediamo che per incidenza di traumi gravi è superata solo da discipline motoristiche o di contatto come il rugby. Circa 1,8 infortuni gravi ogni 1.000 atleti ogni anno: un dato che non si può sottovalutare, anche se la passione, la dedizione e il lavoro delle società sportive restano il vero antidoto a ogni rischio.

La domanda che tutti evitano: si può fare di più?

Le federazioni, i medici sportivi, i tecnici continuano a lavorare ogni giorno per rendere le palestre luoghi più sicuri, aggiornando protocolli, attrezzature, formazione. Eppure, il rischio zero non esiste. Dopo la paura, però, resta anche la voglia di capire, di cambiare, di ripartire. In queste ore l’Italia si stringe attorno a Lorenzo, a chi gli vuole bene, e a tutti i ragazzi che sognano in palestra. Non sappiamo ancora quale sarà la sua strada, ma la sua storia ci ricorda che dietro ogni volo ci sono persone, vite, e un coraggio che merita rispetto.

In fondo, la sicurezza nello sport è anche una responsabilità collettiva: della società, delle istituzioni, delle famiglie. E ogni volta che il destino sembra accanirsi, è giusto chiedersi non solo se sia stato fatto tutto il possibile, ma anche se il sogno valga sempre il rischio. E questa, più che una statistica, è una domanda che riguarda tutti noi.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: La RepubblicaCorriere della SeraIl Sole 24 OreANSA.

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