Perché...?
Perché Melissa ora colpisce Cuba ed è ancora pericolosa?

L’uragano Melissa ha investito la parte orientale di Cuba come sistema di categoria 3, con venti medi intorno a 165–195 km/h e un vasto campo di precipitazioni che sta alimentando alluvioni lampo, frane e mareggiate. Il centro del ciclone si sta muovendo verso nord-est e nelle prossime ore tenderà a riemergere sull’Atlantico sud-occidentale, proseguendo in direzione delle Bahamas. Avvisi e allerta coprono le province orientali cubane e l’arcipelago bahamense; per Bermuda è stato attivato un “watch” di uragano che fotografa bene la traiettoria attesa nelle prossime 24–36 ore.
La tempesta arriva dopo l’impatto catastrofico in Giamaica, dove Melissa ha toccato terra come categoria 5, danneggiando infrastrutture, ospedali e reti elettriche, e lasciando centinaia di migliaia di utenze senza corrente. L’isola è stata dichiarata “zona disastrata” e i soccorsi lavorano ancora su frane e inondazioni. A Cuba, nel frattempo, sono scattate evacuazioni di massa in tutto l’Oriente: le autorità hanno spostato preventivamente centinaia di migliaia di persone dalle aree a rischio idrogeologico e lungo le coste esposte, mentre squadre tecniche e sanitarie sono state posizionate vicino ai punti critici per ridurre i tempi di ripristino.
L’ultima ora dall’Oriente cubano
Nelle province di Granma, Santiago de Cuba, Guantánamo, Holguín e Las Tunas sono in atto avvisi di uragano e le autorità raccomandano di rimanere al riparo fino al passaggio del nucleo più attivo. I dati operativi segnalano raffiche superiori ai 190 km/h su aree esposte e un aumento delle mareggiate lungo baie e insenature della costa nord. Il moto ondoso in risalita, la pressione bassa (nell’ordine di 968 hPa) e l’effetto combinato con la batimetria dei litorali orientali stanno amplificando lo storm surge in alcuni tratti, con ingressioni del mare oltre il normale livello di riva, specialmente dove le infrastrutture costiere non garantiscono barriere naturali o artificiali robuste.
Il campo di pioggia collegato a Melissa è esteso e persistente. Nei rilievi della Sierra Maestra le cumulate attese raggiungono 250–500 mm in 24–36 ore, con picchi locali superiori sui versanti esposti alle bande spiraliformi che ruotano attorno al nucleo. Questo significa potenziale pieno improvviso dei torrenti, frane e colate di fango capaci di interrompere viabilità e servizi essenziali. Le autorità locali hanno attivato centri di accoglienza nell’entroterra e stanno presidiando ponti, guadi e strade montane, le prime a cedere quando il suolo è già saturo e arriva una nuova cella convettiva intensa. L’indicazione, qui, è quasi banale ma salva la vita: evitare qualsiasi attraversamento di corsi d’acqua anche se sembrano bassi; e restare lontani dalle coste in presenza di onde di tempesta, perché bastano pochi centimetri d’acqua in movimento per trascinare via una persona.
Sul fronte energetico, Cuba ha dispiegato squadre di elettricisti in anticipo per la messa in sicurezza e il ripristino delle linee. Il Paese parte da una condizione già fragile per via della crisi energetica, con reti sotto stress per carenze di combustibile e manutenzioni rinviate; la durata dell’impatto meteorologico — non solo l’intensità — è la variabile che decide i tempi di ritorno alla normalità. Sulla base dei protocolli della Protezione Civile, sono state liberate aree ospedaliere, spostati i pazienti più vulnerabili e messi in funzione gruppi di continuità. Nel sud-est, infine, la base di Guantánamo ha ridotto il personale non essenziale nei giorni precedenti, un segnale della serietà della minaccia percepita lungo quel tratto di costa.
Giamaica, l’isola ferita: bilanci provvisori
In Giamaica Melissa ha mostrato il volto più severo: categoria 5, l’occhio compatto, bande di pioggia persistenti, vento estremo. Le conseguenze si contano in frane diffuse, allagamenti fino al primo piano in diverse parrocchie e in infrastrutture chiave fuori uso. È qui che la tempesta ha accumulato parte dei suoi record: venti di punta nella fascia 180–300 km/h a seconda dei siti di misura, precipitazioni torrenziali sui rilievi e lungo la costa sud-occidentale, linee elettriche e di telecomunicazione danneggiate su larga scala. Kingston ha chiuso aeroporti e porti commerciali durante le fasi più critiche, mentre il governo ha aperto centinaia di rifugi per chi non aveva una casa sicura. In più aree, soprattutto St. Elizabeth e Clarendon, i fiumi hanno rotto gli argini e i collegamenti stradali hanno ceduto in più punti.
La dichiarazione di “disaster area” non è un’etichetta retorica: serve ad accelerare gli aiuti, a mobilitare fondi e ad attivare corsie preferenziali per logistica, carburante e materiali. Le prime stime parlano di oltre mezzo milione di utenze senza elettricità nel picco dell’emergenza, con tempi di ripristino condizionati dalla sicurezza del campo: finché vento e pioggia restano alti, gli operatori non possono salire sui tralicci o avvicinarsi alle linee cadute. Il tributo umano è purtroppo reale, con più vittime tra i Caraibi e un bilancio ancora in modalità aggiornamento mentre le squadre di soccorso raggiungono aree rimaste isolate da frane e ponti crollati.
Per chi osserva da fuori, può sembrare un paradosso: dopo un landfall così violento, Melissa si è indebolita scendendo di categoria, eppure il rischio resta alto. È l’inerzia del sistema a fare la differenza. Il suolo, saturato, non drena più; le montagne, erose da giorni di pioggia, reagiscono a un nuovo scroscio con movimenti rapidi e imprevedibili. Il mare, mosso da swell lunghe, continua a battere le coste anche quando l’occhio è già lontano centinaia di chilometri. Si capisce allora perché gli ordini di coprifuoco e stay-at-home proseguono anche dopo il passaggio dell’occhio: la finestra di massima pericolosità non coincide sempre con l’istante di massima intensità del vento.
Dove si muove ora: Bahamas e Bermuda nella traiettoria
Il quadro previsionale è chiaro: Melissa sta scivolando verso nord-est, pronta ad attraversare le Bahamas sudorientali e centrali. Qui si attende un mix pericoloso di vento da uragano, piogge intense (in media 125–250 mm in poche ore) e storm surge potenzialmente significativo nelle zone più basse e lungo le insenature. La fascia di vento di tempesta tropicale si estende molto oltre il nucleo (quasi 300 km dal centro), motivo per cui isole non investite direttamente dal muro dell’occhio possono comunque sperimentare danni seri a tetti, pontili, linee elettriche. Per Bermuda il “watch” segnala la possibilità di condizioni da uragano entro 48 ore; la traiettoria modellistica colloca l’arcipelago sul lato destro del moto, quello statisticamente più esposto alle raffiche e alle mareggiate.
Mentre il nucleo si allontana da Cuba, la velocità di traslazione tende ad aumentare: è un fattore positivo contro gli accumuli estremi sulla stessa area, ma non azzera il rischio. La spirale precipitativa che avvolge Melissa produrrà ancora celle convettive capaci di scaricare tanta acqua in poco tempo. Turks e Caicos rientrano nell’area di condizioni da tempesta tropicale e restano sensibili a frangenti forti lungo le scogliere esposte. Nelle prossime 24–48 ore il sistema aggancerà correnti più rapide, risalendo il quadrante occidentale dell’Atlantico: un passaggio vicino a Bermuda tra giovedì sera e la notte successiva è uno scenario da considerare con serietà.
Piogge, mareggiate, frane: rischi concreti spiegati
La parte più sottovalutata in un uragano di taglia come Melissa è quasi sempre la pioggia. In Giamaica e Cuba orientale si registrano e si attendono totali nell’ordine di 300–600 mm nelle zone montane. Su un terreno molto inclinato, questo volume d’acqua si traduce in scorrimento superficiale veloce, che gonfia i torrenti in pochi minuti e trascina a valle materiale solido: non solo fango, ma pietre, tronchi, detriti edili. È il meccanismo tipico delle alluvioni lampo tropicali, che sorprende chi si sente al sicuro perché non vede crescere gradualmente il livello del fiume. Gli esperti insistono da giorni su questo punto: i versanti deforestati o degradati per agricoltura intensiva cedono prima e con più violenza, inciso che purtroppo si ripete dopo ogni grande tempesta.
Il vento resta un problema, certo. Ma molte case in muratura della fascia caraibica cedono non tanto alla spinta diretta del vento quanto a sollecitazioni differite: un tetto in lamiera scoperchiato apre la strada alla pioggia battente, l’acqua penetra, pesa, indebolisce travi e solai, e il crollo arriva quando il vento già cala. La mareggiata (storm surge) completa il quadro: la combinazione di bassa pressione, vento onshore e conformazione della costa può spingere il mare oltre 1–3 metri sopra il livello normale in baie e lagune. Anche con valori relativamente “moderati”, bastano pochi decine di centimetri d’acqua salata nelle aree portuali per bloccare pompe, trasformatori, impianti di desalinizzazione. È il tipo di danno che allunga i tempi di recovery ben oltre la finestra stretta dell’emergenza.
Infine c’è il tema frane. La sismicità diffusa nell’area si combina con l’idrologia estrema in un cocktail scomodo. Tratte stradali in quota, strade scavate nei fianchi delle montagne, scarpate non protette: sono gli elementi che, sommati, fanno la differenza sulla mobilità dei soccorsi. Ecco perché, nelle ore successive al passaggio del core, le autorità chiudono tratti apparentemente intatti: basta un collasso localizzato per isolare un’intera comunità nell’arco di pochi minuti. I rilievi delle bande di Melissa mostrano proprio questo, una struttura larga e lenta a sufficienza da mantenere prolungata l’esposizione di certe valli e dorsali.
Viaggi, voli e connazionali: indicazioni pratiche
Per i viaggiatori italiani presenti o in partenza verso l’area, l’indicazione è di rimandare qualsiasi spostamento non essenziale. Gli aeroporti che servono l’Oriente cubano — Santiago de Cuba e Holguín in primis — operano in modo intermittente o sospeso durante il passaggio delle bande di tempo peggiore. Sulla Giamaica, i voli sono ripresi in modo parziale e a geometria variabile, con ritardi e cancellazioni decisi di ora in ora in base all’evoluzione meteo e alla disponibilità di infrastrutture di terra. Se avete un itinerario che prevede scali nell’area (Bahamas o isole vicine), verificate in tempo reale con la compagnia: i piani di recovery cambiano spesso dopo un evento di categoria 5, e le priorità vanno agli aerei cargo, voli umanitari e trasferimenti tecnici.
Per chi ha già prenotazioni alberghiere o crocieristiche, la parola chiave è flessibilità. Le compagnie marittime riposizionano le navi per evitare l’area di burrasca, con scali cancellati o sostituiti; gli alberghi nelle zone interne accolgono talvolta anche sfollati locali, riducendo la disponibilità per i turisti. Se siete in vacanza nelle Bahamas sudorientali o centrali e potete spostarvi verso ovest in anticipo, farlo prima dell’arrivo del maltempo è molto più sicuro che cercare un posto su un aereo con il vento già in aumento. In Cuba, in presenza di ordini di evacuazione o di shelter-in-place, attenetevi alle indicazioni della Defensa Civil e, se necessario, contattate la vostra assicurazione di viaggio per opzioni di riprotezione.
Per chi si trova nell’area di Guantánamo, va ricordato che le autorità statunitensi hanno ridotto il personale non essenziale nei giorni scorsi, segnale chiaro di una pianificazione prudente. In generale, se siete residenti o espatriati, verificate generatori, scorte d’acqua e farmaci essenziali, tenete carichi i dispositivi e concordate un punto di contatto con famiglia o amici nel caso le reti mobili saltino. In zone costiere, allontanatevi dalle banchine e non cercate immagini “spettacolari” della mareggiata: le onde di ritorno e i detriti galleggianti sono tra i killer più subdoli in un uragano.
Confronti che aiutano a capire: cosa rende Melissa diversa
La narrazione su Melissa ruota su due parole: rapida intensificazione e persistenza. La prima è quel processo per cui un ciclone guadagna molta energia in poco tempo — acqua calda a profondità, taglio del vento contenuto, struttura del nucleo favorevole — fino a un salto di una o più categorie in 24–36 ore. È successo anche ad altri giganti dell’Atlantico, ma la combinazione con l’assetto orografico caraibico ha reso eccezionale l’impatto sulla Giamaica: un’isola con rilievi che, quando vengono investiti dal quadrante più intenso, esaltano i fenomeni convettivi e spremono le bande di pioggia. La seconda parola, persistenza, spiega l’accumulo di danni idrogeologici: se il sistema si muove lentamente, le stesse aree restano sotto rovesci forti e vento teso per ore, e il territorio cede.
Nel confronto con la memoria recente, i tecnici sottolineano che la circonferenza dei venti di Melissa è rimasta ampia anche durante la fase di calo da 4 a 3, mantenendo mareggiate significative e fetch sufficiente a spingere l’acqua dentro baie e lagune. È un altro modo per dire che “categoria” non racconta tutto. Due uragani di categoria 3 possono avere impatto molto diverso in base a diametro, velocità di traslazione, angolo di approccio alla costa e sinottica a grande scala. In altre parole: non fissiamoci sul numero, guardiamo dove e come colpisce. La comunicazione pubblica, negli ultimi anni, sta provando a sistematizzare questa lettura, spingendo l’attenzione sui messaggi-chiave: piogge, frane, storm surge, tagli dell’elettricità, isolamento delle comunità montane.
Un altro elemento distintivo: la catena logistica. In Giamaica, Cuba e Bahamas molte merci arrivano per via marittima. Porti e scali container sono infrastrutture vulnerabili a mareggiate e blackout: basta uno sversamento locale, un crollo di banchina o l’allagamento di un quadro elettrico per azzerare la capacità operativa per giorni. Nel breve, questo significa scaffali vuoti, ritardi sulle commesse e carenza di materiali per riparare ciò che il vento ha appena danneggiato. Il settore agricolo — canna da zucchero, banane, caffè — pesa molto sulle economie locali: piogge prolungate e vento forte stendono colture e serre, azzerando mesi di lavoro e creando pressione su prezzi e approvvigionamenti. Per gli approdi turistici, da cui dipendono migliaia di famiglie, l’urgenza è mettere in sicurezza pontili, muretti e rete idrica prima dell’arrivo delle prossime bande.
In controluce, c’è la lezione che torna a ogni stagione: preparazione e prevenzione contano quanto la forza della tempesta. In Giamaica l’apertura di 881 rifugi ha offerto un paracadute a chi vive in case precarie; a Cuba l’evacuazione preventiva di massa riduce il numero di persone esposte allo storm surge e alle frane. È un lavoro poco visibile, ma determinante. La rapidità con cui i governi locali hanno diramato allerte, chiuso scuole e porti, spostato personale sanitario fa parte di quel set di strumenti che, spesso, decide il numero finale dei feriti e il bilancio delle vittime.
Ultimissime da fonti italiane e internazionali
Il flusso informativo di queste ore conferma il declassamento a categoria 3 e l’impatto diretto sulla Cuba orientale, con venti intorno a 190–195 km/h e piogge torrenziali che stanno mettendo sotto pressione fiumi e pendii. Le principali testate italiane hanno rilanciato il quadro di allerta su Bahamas e l’evoluzione del tracciato verso Bermuda, sottolineando — correttamente — che il rischio idrogeologico resta alto anche con il calo di categoria. Per la platea italiana, abituata a misurare l’uragano solo con la cifra accanto al nome, è un chiarimento prezioso: vento e mare passano, ma l’acqua al suolo resta, e con essa frane e interruzioni che durano giorni.
Dalla sala operativa dei meteorologi arrivano numeri utili per orientarsi: avvisi di uragano per le Bahamas sudorientali e centrali, avviso di tempesta tropicale per Haiti, Turks e Caicos e parte di Camagüey, watch su Bermuda. Il campo dei venti di Melissa si estende per quasi 300 km dal centro con forza da tempesta tropicale, mentre la fascia di uragano resta più concentrata attorno al core. La traduzione pratica è intuitiva: molte isole vedranno condizioni severe anche senza essere sul tracciato esatto dell’occhio. Nelle prossime 12–24 ore il sistema attraverserà il cuore delle Bahamas, poi punterà l’Atlantico aperto, dove il contesto barico e il taglio del vento dovrebbero favorire un ulteriore indebolimento.
Le prossime dodici ore che contano
È un passaggio delicato. Cuba deve superare l’onda lunga di piogge e frane, gestendo evacuati e ripristini in territori montuosi, con una rete energetica già sotto pressione. La Giamaica comincia a contare danni e priorità, tra ospedali da riattivare, strade da riaprire e scuole da mettere in sicurezza prima del rientro. Le Bahamas hanno poco tempo: rinforzare ancoraggi, liberare canalette, proteggere generatori e pompe; dove possibile, spostare rapidamente chi vive a livello del mare. La catena degli effetti a valle — rifornimenti, cure, comunicazioni — si decide adesso, nella fase in cui il vento non è più al picco ma la pioggia resta insidiosa e il mare è ancora cattivo.
Per chi segue da casa, un’ultima notizia utile: anche in un uragano “declassato”, l’attenzione deve restare alta finché gli avvisi non vengono definitivamente revocati e i fiumi non tornano su livelli di sicurezza. La stagione è ancora attiva, e la memoria di Melissa — dalla Giamaica a Cuba — chiede rispetto. Il ciclo di notizie passerà in fretta, ma i territori colpiti avranno bisogno di tempo e strumenti. Il modo migliore per aiutare, a distanza, è affidarsi a canali verificati per donazioni e supporto, e a informazioni ufficiali per evitare fake o catene inutili. Sulle isole, invece, il consiglio resta sempre lo stesso: seguire le autorità e non anticipare i tempi del rientro. Le prossime dodici ore, per molti, valgono più di tutto il resto.
🔎 Contenuto Verificato ✔️
Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: ANSA, Sky TG24, Corriere della Sera, La Repubblica, RaiNews, Tgcom24.

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