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Cosa è successo a Fenegrò: il portiere Martinez è indagato?

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cosa è successo a Fenegrò

Crediti foto: Freepik

Una mattina feriale, una provinciale che tutti conoscono, una carrozzina elettrica che procede lungo la ciclabile. Pochi secondi, forse meno. L’impatto è devastante: Paolo Saibene (81) muore sul colpo dopo essere stato travolto dall’auto guidata da Josep Martinez (27), portiere dell’Inter. Accade martedì 28 ottobre 2025, a Fenegrò (Como), lungo via Bergamo sulla SP32, a pochi chilometri dal centro sportivo di Appiano Gentile. La Procura di Como apre un’indagine per omicidio stradale, atto necessario per disporre accertamenti tecnici irripetibili; auto e carrozzina vengono sequestrate, il calciatore è sottoposto ai test di rito e ascoltato come indagato. Dalle prime ricostruzioni emerge un particolare: la carrozzina avrebbe sbandato dal percorso ciclabile verso la corsia, forse per un malore o per una perdita di controllo. Ma le certezze, quelle, arriveranno soltanto dai dati.

Nelle ore successive, gli investigatori fissano un percorso chiaro: autopsia sul corpo della vittima, rilievi planimetrici millimetrici, analisi dei dispositivi elettronici dell’auto, verifica di limiti e segnaletica. Martinez si ferma immediatamente, presta i primi soccorsi insieme ad altri automobilisti; i sanitari arrivano in pochi minuti, viene allertato anche l’elisoccorso, ma non c’è più nulla da fare. L’Inter annulla la conferenza stampa della vigilia, scelta di rispetto e di cautela. Sul tavolo restano tre domande operative: cosa ha portato la carrozzina a varcare il margine? L’andatura dell’auto era proporzionata al contesto? La conformazione del tratto ha inciso sull’inevitabilità dell’impatto? Sono queste le chiavi dell’inchiesta.

I fatti accertati finora

La cronologia è lineare. Ore 9.30 circa di martedì: Saibene, ex lavoratore dell’area tessile/meccanica e persona nota in paese, percorre la ciclabile parallela alla SP32 su una carrozzina elettrica a quattro ruote. Nella stessa direzione avanza la BYD di Martinez, modello elettrico con sistemi di assistenza alla guida. Il contatto avviene sul rettilineo: la carrozzina invade la carreggiata, l’auto la colpisce frontalmente o di lato—questo dettaglio, cruciale, è oggetto di misurazione. Il portiere si ferma subito e chiama aiuto; altri automobilisti si fermano, parte la catena di soccorsi, ma per l’anziano non c’è possibilità di rianimazione. La strada viene chiusa temporaneamente per i rilievi; i carabinieri di Cantù raccolgono testimonianze e fissano i punti di riferimento sull’asfalto.

Gli atti dovuti si susseguono: iscrizione nel registro degli indagati a carico del conducente coinvolto in un incidente mortale, sequestro dei mezzi, esami tossicologici e clinici. Ad oggi non sono stati divulgati esiti ufficiali sulle analisi; la Procura mantiene il riservo comunicativo tipico di una fase embrionale dell’indagine. L’orientamento investigativo, per ora, non esclude alcuna ipotesi causale: malore della vittima, anomalia tecnica del mezzo, imprevedibilità della traiettoria, velocità inadeguata al contesto, spazio/tempo di reazione insufficiente. Ciò che è già definito è il perimetro: siamo su un rettilineo extraurbano con pista ciclabile adiacente alla carreggiata e separata da margine orizzontale, un layout che riduce lo spazio d’errore quando qualcuno—per qualsiasi motivo—oltrepassa la linea.

Dove e come: un tratto rettilineo con ciclabile a raso

Il luogo dell’incidente non è casuale nel suo disegno. La SP32 attraversa Fenegrò con una carreggiata a corsia unica per senso di marcia; a lato scorre una pista ciclabile/pedonale che, in quel punto, risulta al medesimo livello dell’asfalto o separata da un cordolo basso. È una soluzione diffusa in Lombardia: funziona finché chi la percorre resta nel proprio canale. Se però una carrozzina elettrica—più pesante e meno agile di una bici—sposta il baricentro verso la strada, il margine fisico da superare è minimo. Le condizioni meteo del mattino risultavano buone; non si segnalano pioggia o scarsa visibilità. Resta da qualificare la distanza laterale tra vettura e bordo e, soprattutto, il tempo di reazione disponibile al conducente nel momento esatto in cui la traiettoria della carrozzina sarebbe cambiata.

Su questa geometria si innestano le variabili dinamiche. Velocità effettiva dell’auto nei secondi precedenti all’impatto; punto d’urto rispetto alla linea di margine; tracce di frenata o di manovra evasiva; trascinamenti e proiezioni post-urto; altezza e rigidità del frontale. Il veicolo, verosimilmente dotato di registri elettronici e sistemi ADAS, potrà offrire telemetrie puntuali su accelerazioni, tempi di rilascio del pedale, eventuale attivazione dell’AEB (frenata automatica d’emergenza). Anche la carrozzina—se integra in parti chiave—potrà raccontare qualcosa: stato delle ruote, batterie, joystick, freni, presenza o meno di luci attive.

Un contesto abituale per i tesserati

La vicinanza ad Appiano Gentile aggiunge un elemento non secondario: molti tesserati e dipendenti dell’Inter percorrono quella direttrice ogni mattina per raggiungere gli allenamenti. Non è un dettaglio di colore, è un fattore di esposizione. La prevedibilità del tragitto, a orari simili, tende a ridurre l’attenzione “attiva” di qualsiasi conducente. È umano. Ed è uno dei motivi per cui, nei tratti misti (carreggiata + ciclabile), gli enti proprietari della strada valutano da tempo limiti dinamici o barriere più evidenti nei punti critici.

L’indagine per omicidio stradale: quadro giuridico e tappe

Il fascicolo è formalmente aperto per omicidio stradale ai sensi dell’articolo 589-bis del Codice penale. Si tratta della cornice tipica in presenza di un decesso connesso alla circolazione; non è un giudizio anticipato, ma uno strumento di garanzia che permette alla Procura di effettuare accertamenti tecnici irripetibili con la presenza dei consulenti delle parti. La cornice edittale base prevede pene da 2 a 7 anni, con aumenti in caso di alcol, droga, fuga o condotte altamente imprudenti. La valutazione reale, però, dipende dalla dinamica e dalla prevedibilità dell’evento: se l’urto risultasse realmente inevitabile per la repentinità dell’invasione di corsia, il quadro penale potrebbe alleggerirsi sino all’archiviazione; se invece emergessero velocità eccessiva o distanze laterali non adeguate, la responsabilità del conducente si rafforzerebbe.

Nel dettaglio, le tappe prevedono: autopsia per accertare eventuali cause naturali (ad esempio un malore improvviso) che spieghino la sbandata; perizia cinematico-dinamica con misurazioni sul campo e simulazioni; estrazione dati dal sistema elettronico dell’auto (se presente) e dalla centralina airbag; rilievo completo della segnaletica e dello stato manutentivo; acquisizione delle testimonianze chiave con riscontri oggettivi. Ogni numero—metri, gradi, km/h, millisecondi—entra in un modello che deve reggere al contraddittorio.

Esiti dei test e riservatezza

Come prassi, al conducente vengono effettuati test alcolemici e tossicologici. Al momento non risultano comunicazioni ufficiali sugli esiti. È un punto che spesso alimenta illazioni, ma in questa fase la riservatezza tutela indagine e persone. Allo stesso modo, l’eventuale consulenza di parte della difesa tenderà a ricostruire in modo granulare i margini di evitabilità, anche valutando tempi umani di reazione compatibili con un evento improvviso.

Le verifiche tecniche: velocità, minuti, centimetri

Le perizie di incidentologia stradale lavorano su tre piani: cinematica dell’impatto, dinamica pre-urto, biomeccanica degli esiti. La cinematica si affida al rilievo delle posizioni finali, alla deformazione dei corpi, alle tracce sull’asfalto. La dinamica ricostruisce accelerazioni, frenate, scarti, uso dei pedali, eventuale sterzata. La biomeccanica valuta compatibilità tra lesioni e modalità d’urto. Nel caso di Fenegrò, il punto di contatto rispetto al margine della ciclabile dirà moltissimo: se l’urto è avvenuto oltre la linea di separazione con una penetrazione profonda della carrozzina in corsia, i tempi di reazione si accorciano fino quasi ad azzerarsi; se invece il contatto è a ridosso del margine, diventano decisive la velocità del veicolo e la distanza laterale mantenuta.

Un passaggio tecnico spesso frainteso è la lettura delle tracce di frenata sulle auto moderne con ABS e sistemi di frenata automatica: l’assenza di segni “classici” non significa assenza di decelerazione, che può essere rilevata dai dati elettronici di bordo. L’eventuale attivazione dell’AEB (se presente) e i tempi di pre-carica dell’impianto frenante possono offrire un quadro molto fine su quando il sistema ha “visto” l’ostacolo e come ha reagito, in parallelo o meno all’azione del conducente.

Il ruolo possibile del malore

L’ipotesi malore—ventilata nelle primissime ore—non è un dettaglio: inquadra la causalità dell’evento. Se gli esami istologici dovessero confermare una perdita di coscienza, il nesso causale tra condotta di guida e decesso potrebbe risultare attenuato, spostando il baricentro sulle condizioni imprevedibili della vittima. Non sarebbe automaticamente una scriminante totale: resterebbero da valutare velocità e distanze. Ma cambia molto. Al contrario, se l’autopsia non rilevasse fattori interni, gli inquirenti guarderebbero con più forza alle condizioni esterne (urti precedenti, buche, ostacoli, vibrazioni, errori di guida, improvviso cedimento meccanico della carrozzina).

La vittima e il paese: chi era Paolo Saibene

Paolo Saibene, 81 anni, viveva a Fenegrò con la famiglia. Un uomo che in paese conoscevano in tanti, ex meccanico/operaio, abitudini regolari, la carrozzina elettrica come compagna di autonomia. La mattina dell’incidente stava facendo il tragitto che conosceva meglio. Nel giro di poche ore, il suo nome ha smesso di essere un volto famigliare e si è trasformato in atto giudiziario e notizia nazionale. La comunità si è stretta attorno ai familiari; la voce che corre in paese è la più semplice e dolorosa: “Era una persona per bene”. Mentre le indagini vanno avanti, è giusto ricordare che al centro ci sono vite e relazioni, non solo perizie e verbali.

Di Saibene emergono particolari drammaticamente normali: il modo di muoversi, l’attenzione alle piccole cose, l’abitudine a salutare chi incontrava lungo la ciclabile. Non sono frasi di rito: sono coordinate che restituiscono la scala umana di un evento che, in poche ore, attraversa confini e bacheche. Anche per questo, molti residenti hanno segnalato alle autorità il punto preciso dello scontro, sottolineando criticità note: margini bassi, attraversamenti ravvicinati, flussi mattutini intensi verso Appiano.

L’Inter davanti all’emergenza: scelte immediate e impatto sportivo

Sul versante sportivo, la società ha annullato gli impegni mediatici della vigilia e ha mantenuto un profilo istituzionale: silenzio, sostegno interno, piena collaborazione con le autorità. In queste ore ogni valutazione su convocazioni e presenze in campo passa in secondo piano. La priorità è umana e giuridica. L’ambiente attorno alla squadra registra l’urto emotivo: un compagno coinvolto in un incidente mortale, l’inevitabile attenzione pubblica, l’esigenza di proteggere la sfera privata dei tesserati.

Il contraccolpo operativo, per un club di vertice, si traduce in gestione del gruppo, supporto psicologico, ridefinizione di alcuni compiti immediati. Non è un tema di copertina, è logistica interna. Una società moderna ha protocolli precisi: presa in carico della persona coinvolta, tutela mediatica, interfaccia costante con la Procura. In parallelo, si mantiene il contatto con la famiglia della vittima per gesti di vicinanza che, in queste circostanze, non hanno nulla di formale.

Cosa cambia davvero sulla SP32: misure concrete e verificabili

La tragedia di Fenegrò non è solo una pagina nera. È anche una verifica di sistema. Ci sono tre linee d’azione, tutte misurabili. La prima riguarda le infrastrutture: nei tratti in cui pista ciclabile e carreggiata corrono parallele, il margine di separazione va alzato. Non bastano linee verniciate: servono cordoli fisici di altezza utile a impedire una deriva involontaria delle carrozzine, barriere morbide nei punti più esposti, catarifrangenti ad alta visibilità e segnaletica ripetuta che avvisi i conducenti. Un audit tecnico sul chilometro critico della SP32 potrebbe essere disposto in poche settimane con un cronoprogramma pubblico di interventi e verifiche.

La seconda linea d’azione tocca i limiti dinamici. In orari a traffico prevedibile verso Appiano Gentile (mattina presto, rientri di metà giornata), abbassare i limiti anche solo di 10–20 km/h aumenta in modo sensibile gli spazi di frenata e la legibilità del contesto. È una misura a costo contenuto che può essere testata per un periodo pilota e poi confermata o rimodulata alla luce dei dati. La terza riguarda la mobilità fragile: verifiche programmate su luci, freni, pneumatici, stabilità delle carrozzine elettriche in dotazione agli utenti più anziani, con il supporto dei centri di riabilitazione e della medicina di base. Non è un’ingerenza nella sfera privata; è prevenzione.

Formazione mirata e controlli visibili

Un capitolo a parte merita la formazione. I conducenti che percorrono spesso quei tratti—residenti, lavoratori, atleti—possono essere coinvolti in micro-campagne locali, semplici e concrete, sulla distanza laterale da mantenere in prossimità delle ciclabili, sui tempi di reazione reali a diverse velocità, sui punti ciechi dei veicoli di nuova generazione. Accanto, controlli ben visibili nelle fasce orarie sensibili, non per fare cassa ma per stabilizzare i comportamenti. Nella prevenzione stradale, ciò che si vede cambia ciò che si fa.

Domande aperte dell’inchiesta: cosa sapremo nei prossimi giorni

Al netto delle ipotesi, ci sono elementi verificabili che l’inchiesta renderà pubblici. La velocità della vettura nei secondi precedenti all’urto verrà stimata dalla perizia integrando tracce, danni e, se disponibili, dati elettronici. Il punto preciso dell’impatto rispetto alla linea di margine indicherà il livello di evitabilità. L’eventuale malore della vittima sarà accertato clinicamente. I test su alcol e sostanze—di cui oggi non è noto l’esito—completeranno il quadro formale. Infine, la segnaletica e lo stato della pavimentazione diranno se il contesto infrastrutturale abbia o meno contribuito al rischio.

Su queste basi, la Procura deciderà se prosciogliere, chiedere archiviazione, oppure contestare un profilo di colpa al conducente. Non esistono scorciatoie semantiche: parole come “indagato” o “atto dovuto” hanno un significato tecnico, non emotivo. La tempistica dipenderà dalla complessità degli accertamenti; alcune risposte potrebbero arrivare già con gli esiti dell’autopsia e delle prime perizie di campo, altre richiederanno più tempo, specie se sarà necessaria una consulenza tecnica d’ufficio con contraddittorio tra le parti.

Ridurre il rischio dove la vita è più esposta

In fondo a questa storia ci sono metri e secondi. Lì si decide tutto. Finché la SP32 resterà un luogo in cui una carrozzina può finire a pochi centimetri da un’auto in transito, la differenza la faranno margini fisici, attenzione e dati. Fenegrò non chiede parole: chiede interventi misurabili e tempi chiari.

L’indagine stabilirà responsabilità e nessi causali. Intanto, le istituzioni possono—e devono—muovere i primi passi: mappa dei punti critici, cordoli dove servono, limiti dinamici nelle ore di punta, controlli visibili. Non cancellerà quanto accaduto, ma potrà evitare che accada di nuovo.


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Questo articolo è stato redatto basandosi su informazioni provenienti da fonti ufficiali e affidabili, garantendone l’accuratezza e l’attualità. Fonti consultate: ANSACorriere della SeraLa RepubblicaSky TG24Rai NewsGazzetta dello Sport.

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